Al Rossetti la “Sindrome italiana” che affligge le badanti dell’Est

Debutta domani alla Sala Bartoli del Rossetti “Sindrome italiana” di Lucia Calamaro, un progetto di MitiPretese diretto da Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres che ne sono anche interpreti assieme a Monica Bianchi. Lo spettacolo è una coproduzione che vede lo Stabile del Friuli Venezia Giulia al fianco del CTB-Centro Teatrale Bresciano e della Fondazione Teatro Due di Parma.
È molto interessante il tema affrontato da “Sindrome italiana”, spettacolo che – come sempre, i progetti delle MitiPretese – racconta e osserva la figura femminile in modo diverso e nuovo rispetto ai clichès e ne fa addirittura lo strumento per indagare e riflettere in modo nuovo, incisivo, potente sulla nostra realtà, sulla politica, l’etica, le prospettive sociali del presente.
“Sindrome italiana” è il termine che nel 2005 due psichiatri ucraini hanno coniato per definire la depressione dilagante tra le tante donne tornate in patria dall’Italia, uno fra i Paesi che richiede più badanti al mondo. Dopo anni di lavoro domestico e in particolare di cura degli anziani non auto-sufficienti, spesso per 24 ore al giorno e in condizioni di isolamento, al ritorno in patria le badanti presentano stati ansiogeni, disturbi dell’identità, tristezza persistente, disturbi ossessivo-compulsivi, fantasie suicide. Queste donne - spesso madri - divengono per anni unica fonte di sostentamento del proprio nucleo familiare rimasto nel paese d’origine, ma una volta rientrate faticano a reinserirsi all’interno di quello stesso nucleo. Il rapporto con i figli è deteriorato. L’estraneità ha prodotto alienazione. L’alienazione si trasforma in asfissiante solitudine. Da qui il passo verso il crollo è breve.
Gli “orfani bianchi” sono figli della stessa frattura. Secondo un recente rapporto dell’Unicef, solo in Romania sono 350 mila e in Moldavia 100 mila i minori con uno o entrambi i genitori all’estero. Un esercito di bambini e di adolescenti rimasti privi della figura genitoriale di riferimento: spesso la separazione dalla madre è troppo dolorosa, l’attesa troppo lunga da sopportare. Nei casi meno drammatici questi bambini finiscono per essere depressi, sviluppano dipendenza dalle droghe o dall’alcol, o prendono la strada dell’illegalità. Nei casi più drammatici si tolgono la vita, anche a dieci, undici, dodici anni.
«Volevamo parlare di una cosa che esiste, che tutti conoscono, ma di cui nessuno parla: per empatia, solidarietà, per senso di colpa e anche un po’ per immedesimazione, volevamo parlare della condizione esistenziale delle badanti in Italia» spiegano le attrici e Lucia Calamaro. —
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