«Adolescenti sempre più fragili nella società che diventa virtuale»

Lo psichiatra Furio Ravera analizza gli effetti della pandemia e della riduzione   della socialità sui più giovani. «Una mannaia calata sulla scuola già in crisi»
Figure with computer behind prison bar window
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La difficoltà di dare un senso alla vita, l’io in formazione alle prese con la rappresentazione di sé, con la paura o l’incapacità di affrontare gli altri e il mondo, ma soprattutto la difficoltà di misurarsi con il dolore, il disagio, le pretese per il futuro, le emozioni “perturbanti” e i limiti. Tutto questo nell’impatto con una società sempre più virtuale, dove il consenso immateriale, i “like”, i mille paradisi artificiali disponibili ci allontanano sempre di più dagli altri, disabituandoci alla fatica di affrontare e gestire la nostra interiorità, le luci e le ombre di un mondo reale con poche certezze e tante contraddizioni.

A parlarci dell’adolescenza in tutta la sua deflagrante complessità, analizzandola nelle sue fragilità di sempre, ma soprattutto nelle sue declinazioni contemporanee, offrendo ai genitori indicazioni valide per affrontare le mille difficili dinamiche di relazione con i propri figli in crescita, ci pensa un interessante saggio dello psichiatra Furio Ravera dal titolo “Anime adolescenti” (Salani, pagg. 208, euro 13,90).

«Chi fa il mio mestiere - spiega - riceve dai genitori molte domande. Questo libro non parla di terapie ma cerca di analizzare quello che viene prima, cioè comprendere quel è il problema». Come capire se un figlio ha bisogno di aiuto, quali sono i campanelli di allarme di un disagio, quali i rischi più comuni oggi per un adolescente in un panorama sociale che registra tra i giovani un crescente consumo di cannabis e di alcool, disturbi alimentari multipli, fenomeni di auto-lesionismo, bullismo e cyberbullismo, un uso compulsivo di cellulari e video-giochi. A queste e tante altre domande Furio Ravera offre una sorta di guida propedeutica per aprire gli occhi senza ansie, ma anche senza nascondere la testa sotto la sabbia delle proprie paure.

Nella “società signorile di massa”, come è stata definita dal sociologo Luca Ricolfi, in cui abbiamo vissuto in Italia dagli anni ’60 in poi, la ricchezza accumulata dai genitori è stata sempre più erosa dai figli e al contempo l’accesso ai consumi opulenti si è diffuso in fasce sempre più ampie della popolazione nonostante un’economia in crescente stagnazione. Culturalmente poi la progressiva distruzione delle “agenzie formative”, quali scuola e università, si è incrociata con l’ingresso del mondo dell’immagine, che ha generato nei più giovani una spasmodica ricerca dell’ammirazione senza contenuto e nuove forme di bullismo o peggio di sfruttamento e di abuso. Di fronte a questo epocale cambiamento le famiglie si sono trovate per lo più impreparate a fronteggiare i nuovi “mostri” dell’adolescenza. L’arrivo poi dell’imponderabile “cigno nero” della pandemia, che ha bruscamente congelato modelli, abitudini e dinamiche di una società fin troppo “liquida”, ha lasciato senza risposta le mille domande sul futuro delle nuove generazioni.

«La pandemia è stata una mannaia – spiega Ravera - calata su una società e una scuola già in crisi; gli effetti li studieremo nel tempo. In medicina non si fanno previsioni quando una malattia è ancora in atto. Oggi il martello sta ancora picchiando e non sappiamo quando si fermerà, cosa sfascerà e che macerie lascerà. Possiamo però dire cosa è sotto minaccia: le relazioni umane e specie per gli adolescenti quelle di corridoio, importantissime, che si svolgono nella scuola». Un buco relazionale che, se sovrapposto a una vulnerabilità affettiva, può generare aspetti depressivi forti o se associato a un preesistente consumo di droghe può incrementarne i livelli.

Oggi la forzata coabitazione in spazi spesso piccoli ha fatto aumentare fortemente lo scontro familiare, la violenza domestica e quella assistita. Inoltre ha fatto crescere specie nei giovani la dissociazione dal reale. «Ci stiamo abituando sempre di più alle relazioni incorporee attraverso gli schermi che – spiega Ravera - diventano al contempo una difesa e uno strumento di offesa, non permettendo di comprendere appieno le dinamiche e gli effetti della violenza, trasformandola in una cosa “artificiale”. Leggendo questo libro vorrei che i genitori riscoprissero un genuino desiderio senza pregiudizi di conoscere i figli, di ascoltarli senza storcere il naso, incuriosendosi del loro mondo senza sottovalutarne i segnali, come ad esempio l’uso della cannabis, i cui effetti sul cervello sono fortemente sottostimati». Anche l’autolesionismo in fortissimo aumento e l’uso compulsivo degli strumenti digitali e della rete sono ancora poco considerati. «La nostra è una società che vuole tutto e subito - conclude Ravera - che sembra realizzare i sogni futuristi della velocità: le nuove tecnologie vanno velocissime, ma come le auto hanno bisogno di un codice che ne regoli l’uso. La compulsività e l'impulsività sono il risultato di una grossa difficoltà al governo delle proprie emozioni e della “latenza”, la capacità fondamentale per la crescita di differire la soddisfazione. I genitori devono saper dire “ no” e costruire dei “guard-rail” per non far sbandare la corsa ai loro figli».

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