Addio Virna Lisi, la diva che disse “no” a Hollywood

ROMA. È morta Virna Lisi, aveva 78 anni. Il figlio Corrado, che ha dato la notizia, ha detto che la madre «si è spenta tranquillamente nel sonno».
di PAOLO LUGHI
Viareggio, la Capannina, anni '80. Un bel ragazzo balla un lento con un'affascinante signora, Adriana, che a sorpresa scopriamo essere sua madre. «Mamma, com'erano gli anni '60?», chiede lui. «Com'erano? Mi sembra di ricordare che… ci batteva più forte il cuore!». Il film è l'allora vituperato (e ora stracult) "Sapore di mare" (1983) dei Vanzina nel suo indimenticabile finale. E Adriana è l'indimenticabile Virna Lisi, all'epoca splendida cinquantenne, a cui da ieri non batte più il cuore, e che «con quella bocca» non potrà più dire il proverbiale «ciò che vuole» (dal fortunatissimo Carosello anni '60 del dentifricio Chlorodont a cui lei deve la prima popolarità ma anche l'ultima, citata quest'anno nientemeno che da Massimo D'Alema in polemica con Matteo Renzi).
L'Adriana di "Sapore di mare" è stata un ruolo chiave nella già longeva e brillante carriera della Lisi, segnando un nuovo inizio per lei, che dopo quel successo accettò con grande scioltezza e professionalità ruoli materni, di donna matura e infine anziana sia al cinema che alla tv, soprattutto in drammi sentimentali agrodolci, ridiventando popolarissima (ricordiamo le fiction "Se un giorno busserai alla mia porta", "A casa di Anna", "Caterina e le sue figlie", "Baciamo le mani", fino alla Suor Germana del recentissimo "Madre aiutami"). Al cinema, deriva dal ruolo di Adriana anche l'Olga anziana di "Va’ dove ti porta il cuore" (1996), film "triestino" tratto dal bestseller della Tamaro e diretto da Cristina Comencini, per la quale ha interpretato anche l'Irene de "Il più bel giorno della mia vita" (2002). E finora abbiamo citato solo titoli in cui Virna ha vinto il Nastro d'argento (in tutto sei), a cui va aggiunto il premio come miglior attrice a Cannes per "Le reine Margot" (1994) di Patrice Chéreau.
Ma è da sessant'anni che Virna Lisi è una delle attrici più importanti e amate del cinema italiano. Con una particolarità: splendida bionda con gli occhi azzurri, profilo da ritratto del Pollaiolo, insieme candida e severa (per non parlare del mitico sorriso e del vezzo del neo sotto il labbro), eppure ci si ricordava più facilmente della sua personalità che della sua bellezza. Quando si è affermata, nei "favolosi" anni '60, faceva parte di quella schiera di dive un pelo sotto le Loren, Lollo, Cardinale, ovvero stava accanto alla Bosè, alla Ralli, alla Schiaffino, alla Milo e alla Sandrelli (con cui ha condiviso la longevità artistica).
Virna è sempre stata un'attrice davvero internazionale. Marchigiana (di Ancona) classe 1936, dopo la gavetta con parti di adolescente ingenua a Cinecittà ("Le diciottenni", 1955), un film drammatico con Maselli ("La donna del giorno", 1957), la tv e i Caroselli, i peplum ("Romolo e Remo", 1961), le commedie con Totò ("Sua eccellenza si fermò a mangiare", 1961), la sua immagine di attrice cresce fino a interpretare il secondo ruolo femminile in "Eva" (1962) di Joseph Losey, ed è protagonista de "Il tulipano nero" (1963) di Christian-Jacque al fianco di Alain Delon. Virna è bellissima anche accanto a Jack Lemmon (abituato all'epoca ai duetti con Marilyn Monroe), in "Come uccidere vostra moglie" (1964) di Richard Quine con cui ottiene un buon successo. Si scopre che la sua vaporosa capigliatura bionda e quella bellezza un po' raggelante s'adattano bene al glamour hollywoodiano, e nella sua avventura americana le affiancano da primattrice nel 1966 anche divi del calibro di Frank Sinatra ("U-112 assalto al Queen Mary) e Tony Curtis ("Due assi nella manica").
E mentre lei raggiunge la piena maturità di interprete e di donna, il cinema diventa meno pudico. L'immagine della Lisi diventa sexy e si colora di un erotismo elegante e ammaliante. Le lunghissime gambe di Virna sono leggendarie in "La telefonata", episodio del film-scandalo "Le bambole" (1964): irraggiungibile oggetto del desiderio del marito Nino Manfredi, che finirà per sfogarsi con la ninfomane della porta accanto. Vestita di una pelosissima sottoveste nera, Virna si dedica a una chilometrica telefonata alla mamma, mentre il povero Nino fa le sue inutili avances.
Questo ruolo lancia definitivamente la vena brillante della Lisi, lei rimbalza in quegli anni dal cinema nostrano a quello americano a quello francese, e Pietro Germi la trasforma in irresistibile cassiera trevigiana nel più divertente episodio del gioiello "Signore e signori" (1966, Palma d'oro a Cannes), memorabile commedia di costume sulle debolezze della provincia italiana. La Lisi qui fa perdere la testa a Gastone Moschin nel ruolo della vita dello sposatissimo "ragionier Bisigato", la cui moglie riceve il famoso biglietto anonimo: «Tuo marito fa l'amore con Milena la cassiera, sei cornuta tutto il giorno, sei cornuta mattina e sera».
In quel momento Virna Lisi, trentenne, è all'apice della sua carriera. Amata dal pubblico e dai più grandi registi della commedia all'italiana (Risi, Monicelli, Lattuada oltre a Germi, che lei ammirava particolarmente), esprime un fascino straordinario che risplende in "Le dolci signore" (1967, di Zampa), "Arabella" (1967, di Bolognini) e "Tenderly" (1968, di Brusati), dove rinforza il suo stereotipo di donna di classe. Spirito indipendente e anticonformista, tuttavia la Lisi "con quella bocca" sapeva dire anche dei "no" importanti. Rifiutò, sicuramente sbagliando, il ruolo di Barbarella che fece la fortuna di Jane Fonda, un contratto di sette anni a Hollywood e più di recente ha detto no a Ozpetek per il ruolo in "Cuore sacro" che poi è andato a Lisa Gastoni. Sempre sincera, considerava sua erede Margherita Buy, e stavolta probabilmente aveva ragione.
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