Addio vecchio Ginnasio quei due anni “diversi” hanno fatto la differenza

di MICHELE A. CORTELAZZO A metà luglio è scoppiata una bomba, almeno per quanti hanno fatto i loro studi nel liceo classico e ne sono orgogliosi: scompare il ginnasio. “Addio ginnasio” è il titolo di...

di MICHELE A. CORTELAZZO

A metà luglio è scoppiata una bomba, almeno per quanti hanno fatto i loro studi nel liceo classico e ne sono orgogliosi: scompare il ginnasio.

“Addio ginnasio” è il titolo di un articolo di Mario Cervi sul "Giornale" il 15 luglio scorso. Ma già il 13 giugno del 2009 il "Corriere della Sera" aveva spiegato, in un articolo di Giulio Benedetti titolato "Nuovi licei, sparisce il Ginnasio": "scompare dopo 80 anni la denominazione Ginnasio riferita ai primi due anni che diventeranno 1 e 2 liceo classico".

Quest'anno, le segreterie scolastiche hanno preso atto del Regolamento relativo alla "Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei", emanato il 15 marzo 2010 dal presidente Giorgio Napolitano, e controfirmato, tra gli altri, dall'allora ministra Maria Stella Gelmini. L'articolo 5 è dedicato al Liceo classico, e non fa menzione del Ginnasio: parla solo di biennio e triennio.

Il testo è stato interpretato, con qualche fondamento, come un'implicita abrogazione della distinzione tra ginnasio e liceo, che differenzia il liceo classico da tutte le altre scuole superiori. Così in molti licei classici gli studenti sono stati iscritti alla prima liceo, invece che alla quarta ginnasio. Ma non tutte le scuole hanno dato la stessa interpretazione, e così è potuto accadere che uno studente sia stato iscritto alla prima liceo e un suo coetaneo, che ha scelto un altro liceo classico, sia stato iscritto alla quarta ginnasio.

Una bella confusione, risolta solo parzialmente da un chiarimento ufficioso del Ministero, diffuso attraverso un tweet (un tipo di documento che non mi pare abbia un fortissimo rilievo giuridico): "La denominazione si può ancora usare". Un chiarimento destinato a mantenere la confusione: si può ancora usare, o si deve ancora usare? Più netta l'ex ministra Gelmini, che ha dichiarato che la sua riforma non aveva preso in esame la denominazione del ginnasio. Discussione chiusa? Forse sì, anche se il regolamento da cui tutto è partito è davvero ambiguo.

Ma se è chiusa la discussione, non è superato il problema denominativo. Perché di questo si tratta: di una questione di nomi. L'indirizzo di studi che mira a trasmettere lo studio della civiltà classica e della cultura umanistica non viene soppresso.

Ma non è neppure una pura questione nominalistica: è il segnale di una diversità che, a torto o a ragione, viene messa in discussione. Da sempre nell'Italia unita il quattordicenne che intende dedicarsi agli studi umanistici si iscrive alla quarta ginnasio.

La legge Coppino del 1859 stabiliva che chi intendeva fare il liceo doveva frequentare prima cinque anni di ginnasio, corrispondenti all'attuale triennio della scuola media e al primo biennio della superiore. Allora di liceo ne esisteva solo uno, di fatto l'attuale classico, e tutto funzionava in modo coerente. Poi, nel 1910 è stato creato il liceo moderno, diventato liceo scientifico con la riforma Gentile del 1923. Inoltre, nel 1940, anno della riforma Bottai, è nata la scuola media, che unificava il primo triennio di tutti i percorsi che po. rtavano al proseguimento degli studi, nei licei e negli istituti magistrali e tecnici.

A quel punto, il ginnasio, monco dei primi tre anni, trasformati in scuola media, è rimasto solo come primo biennio del liceo classico, ma ha mantenuto il nome e la numerazione delle classi. Non solo: chi faceva il classico, doveva fare un esame per passare dal biennio, quarta e quinta ginnasio, al triennio, il liceo (lo ricordo bene, dato che appartengo all'ultima coorte che ha dovuto sostenere tale esame).

Esiste, dunque, un'asimmetria tra il liceo classico e gli altri istituti superiori. È un'asimmetria da sanare, a favore di una standardizzazione dei nomi delle scuole superiori o è una peculiarità degli studi classici da mantenere?

Sull'argomento ci sono pareri diversi, correlati, probabilmente, alla scuola superiore che si è frequentata: chi ha fatto il classico è affezionato alla bipartizione, e la sente con fierezza come un segno di distinzione (legato alla convinzione, spesso fallace, che il liceo classico sia il punto più alto della formazione scolastica offerta in Italia); gli altri vedono le confusioni che ne possono scaturire (come quando uno studente del liceo classico, che mostra bene i suoi sedici-diciassette anni, dichiara di frequentare la prima liceo: fa la figura del pluriripetente!).

Certamente, le denominazioni delle classi del liceo classico permettono una più raffinata classificazione degli anni dell'adolescenza.

Quando in Danubio di Claudio Magris leggiamo che "al ginnasio, con alcuni amici, discutevamo sulle preferenze di ciascuno per l'uno o l'altro dei nomi della città: Bratislava, il nome slovacco, Pressburg, quello tedesco, oppure Poszony, quello ungherese", possiamo essere presi dall'ammirazione per la precocità di quei giovani che, già all'inizio delle superiori, si ponevano tali problemi (oppure da un senso di preoccupazione, per l'eccessiva maturità dimostrata); una volta che cadesse la distinzione, anche la collocazione anagrafica di quelle dotte disquisizioni verrebbe avvolta dalla nebbia e il senso della frase verrebbe annacquato in una generica attribuzione all'intero corso degli studi superiori (e, probabilmente, agli anni finali).

Anche per i professori fa differenza, immagino, potersi dichiarare "professori al Liceo", intendendo dire, genericamente, professori della scuola superiore, o, in modo più autorevole, professore del triennio del liceo, e per giunta del liceo classico, in contrapposizione ai colleghi del ginnasio.

Ma qui la differenza è, in realtà, minima: già nel 1948 Aldo Palazzeschi, nel romanzo I fratelli Cuccoli, affermava: “Invece di essere un maestrucolo di scuole elementari sarai un professoruccio di scuola tecnica, di ginnasio o di liceo, ecco, per vederne la differenza ci vuole il telescopio, un morto di fame in ogni caso”. Oggi nulla è cambiato. Anzi, semmai, la situazione è peggiorata.

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