Addio Mark Hollis, l’antidivo voce e leader dei Talk Talk

Morto a 64 anni l’artista che preferì la libertà creativa alla vita da pop star, ritirandosi dalle scene dopo tanti successi L’ultimo album del 1998

ROMA. La vicenda di Mark Hollis, il leader dei Talk Talk scomparso domenica a 64 anni, è la storia di una star riluttante. “It's My Life” e “Such a Shame” sono due titoli che hanno segnato il pop degli anni '80, canzoni diventate vere e propri inni sui quali costruire una carriera. Hollis era fatto però di una pasta diversa, era un artista ben più complesso della figura tipica del techno pop o dell'ondata “New Romantic” cui era stato assimilato. Nel 1984 l'album “It's My Life” (il secondo dei Talk Talk) era stato un successo clamoroso: la casa discografica riuscì a tenere le briglia solo per un altro album, “The Colour of Spring”, poi le cose cambiarono radicalmente. Hollis cominciò a percorrere una sua strada creativa e si allontanò dalle forme più o meno tradizionali della canzone pop.

“Spirit of Eden”, pubblicato nel 1988 dopo un lungo periodo di isolamento creativo, è un album che porta a maturazione tutti gli elementi che ribollivano sotto la superficie dei grandi successi dei Talk Talk: siamo in territori più prossimi alla musica improvvisata che al pop. Vendite disastrose e critiche eccelse: risultato il contratto discografico fu interrotto. Hollis non fece una piega: firmò con un'altra Major, lasciò passare tre anni e nel 1991 uscì con “Laughing Stock”, un album quasi temerario per la combinazione di melodie e rumori. A quel punto anche Simon Brenner e Lee Harris, bassista e batterista dei Talk Talk, lo lasciarono.

Per pubblicare un altro album aspettò sette anni: si intitolava Mark Hollis ed è una sorta di annuncio del suo progressivo abbandono delle scene. Da quel momento, se si escludono una collaborazione con il progetto Unkle, una con Anja Garbarek e un brano per la serie tv “The Boss”, Hollis è rimasto in silenzio. Una scelta ancora più rimarchevole se si pensa al successo ottenuto nel periodo forse più florido della storia dell'industria discografica e al fatto che Mark Hollis era dotato di un timbro inconfondibile, un vero marchio di fabbrica che gli avrebbe concesso una comoda e lunga carriera. Ma al successo e alla vita da star ha preferito la libertà creativa, ad ogni costo. —

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