Addio Anita Ekberg per sempre icona con la “Dolce vita”

ROMA. Un altro lutto nel mondo del cinema. È morta Anita Ekberg, l'attrice svedese simbolo della “Dolce vita” di Federico Fellini. Era ricoverata nella clinica San Raffaele di Rocca di Papa, alle porte di Roma. Aveva 83 anni e da molto tempo era costretta su una sedia a rotelle. Per sua precisa volontà verrà cremata e le sue ceneri ritorneranno in Svezia.
di ALESSANDRO MEZZENA LONA
Parlarle della “Dolce vita” era come riaprire una ferita che non guarisce mai. Perché Anita Ekberg, da molti anni ormai, andava ripetendo che il film di Federico Fellini le aveva rovinato la vita. E la carriera. A lei che veniva da Hollywood, che aveva recitato in “Guerra e pace” di King Vidor. Che aveva fatto coppia, sul set, con Jerry Lewis e Dean Martin. E che a ben guardare, con tenacia, era riuscita a collezionare più di una sessantina di ruoli, confermando di non essere una divetta usa-e-getta.
Eppure, chi le proponeva un’intervista, chi la chiamava per partecipare a qualche festival, aveva impressa nella mente solo la scena della fontana della “Dolce vita”. Indimenticabile. Il suo abito nero, scollatissimo, che metteva in evidenza il seno esagerato e le gambe lunghissime. La voce sensuale con cui invitava a tuffarsi nell’acqua della Fontana di Trevi Marcello Mastroianni: «Marcello come here!». Quell’incedere da pantera, che l’avrebbe inchiodata per sempre all’immagine della sciupauomini. Della donna che sa prendersi quello che vuole, quando vuole.
«Sono stata circondata da tanta invidia - ripeteva a tutti i suoi intervistatori -. Soprattutto da parte delle donne. Non sono mai riuscita ad avere un’amica vera. Dopo aver recitato nella “Dolce vita”, poi, tutti mi proponevano soltanto parti da femme fatale. Senza rendersi conto che io sognavo i ruoli drammatici. Che volevo diventare un’attrice vera».
Eppure, era difficilissimo sfuggire, per Kerstin Anita Marianne Ekberg, nata a Malmö in Svezia il 29 settembre del 1931, a un destino da icona della seduzione. Che sembrava deciso dalla sua bellezza prorompente. Altissima, biondissima, eletta Miss Svezia a 19 anni, arrivata a Hollywood sull’onda di un’adolescenza burrascosa e ribelle alle regole, l’aspirante attrice si era fatta notare assai in fretta dal produttore Howard Hughes. Quello di “Il mio corpo ti scalderà” e “Il tesoro della Sierra Madre”, tanto per intenderci. Solo che lui, prima di tutto, le aveva proposto il matrimonio. Tenendola ferma, quando lei aveva risposto “no grazie”, per tre anni. Costringendola a debuttare strappando piccole parti senza importanza in film diretti da Rudolph Matè e Douglas Sirk.
Stravagante guardiana venusiana nel ”Viaggio al pianeta Venere”, con l’irresistibile coppia di Gianni e Pinotto, poi schierata al fianco di Jerry Lewis e Dean Martin in “Artisti e modelle” di Frank Tashlin, senza però fare il salto di qualità, Anita Ekberg aveva continuato a collezionare proposte di matrimonio. Dicendo di no anche a un uomo molto potente come Frank Sinatra, The Voice. Di cui si è sempre chiacchierato il vero, o presunto, feeling con Cosa Nostra.
Difficile trovare il ruolo giusto per una donna così vistosa come Anita Ekberg. Nemmeno il personaggio della perfida seduttrice Helena Kuragin in “Guerra e pace”, girato da King Vidor nel 1956, era riuscito a portarle fortuna. Però, almeno, le aveva fatto lasciare Hollywood per Roma. Dov’era in agguato l’incontro fatale con Fellini.
Il maestro di Rimini cercava una presenza femminile che rendesse la sua “Dolce vita” indimenticabile. Un giorno, Fellini vide scorrazzare per Roma una Mercedes decapottabile che non poteva non farsi notare. A bordo c’era una ragazza dai lunghi capelli biondi che danzavano nel vento. Uno splendore. «Mi ha fatta cercare dappertutto, sembrava come impazzito - raccontava l’attrice -. Fino a quando i suoi collaboratori non mi hanno trovata, Federico era incapace di darsi pace».
Dura meno di due minuti in tutto, ma la scena della fontana colpì gli spettatori della “Dolce vita” al cuore. Anche se il film fu coperto di anatemi e critiche. Anche se Fellini dovette rifugiarsi sotto l’ala protettiva del gesuita padre Angelo Arpa per provare a placare l’ira del Vaticano.
Anitona, ricordando la scena della fontana, si divertiva sempre a ridimensionare il mito. «Mastroianni aveva paura dell’acqua gelata, e quella della Fontana di Trevi a gennaio lo era drammaticamente. Lui doveva scolarsi una bottiglia di vodka, o whisky, non ricordo bene, per farsi coraggio. Io mi ero accontentata di patate fritte e un bicchiere dfi vino. Marcello, sotto il vestito, portava stivaloni di gomma alti come quelli dei pescatori. A un cerrto punto lui cadde faccia in avanti. Lo dovettero portare in una roulotte e asciugare, rinfrancare. Io non sentivo più le gambe. Vi sembra erotico tutto ciò?».
In un primo tempo, dopo “La dolce vita”, Fellini non volle separarsi da Anitona. La richiamò sul set delle “Tentazioni del dottor Antonio” del 1962, episodio del film collettivo “Boccaccio ’70”. E poi nei “Clowns” del 1970 e “Intervista” del 1987, in cui in pratica recitava se stessa. Ma gli anni Sessanta, i tempi della “Dolce vita” sembravano davvero lontanissimi, irripetibili.
Da quel momento, per Anita Ekberg è iniziata una lenta, inesorabile discesa verso l’anonimato. Sposata per due volte, con Anthony Steel e Rick Van Nutter («Che uomini detestabili. Li ho picchiati entrambi. Non per gelosia, ma perché erano davvero insopportabili»), più volte coinvolta dalla stampa scandalistica in liaison amorose con personaggi famosi (soprattutto Dino Risi e Gianni Agnelli, anche se lei non ha mai confermato), l’attrice si è ritrovata molto presto povera e sola. Tanto che, negli ultimi anni, aveva chiesto a gran voce un aiuto economico anche alla Fondazione Fellini.
Il mondo dello spettacolo, forse, non le ha mai perdonato la sua irridente sincerità. Di Marilyn Monroe diceva: «Aveva le gambe storte e i suoi capelli biondi, da vicino, sembravano paglia». Di Rock Hudson: «I produttori lo obbligavano a sposarsi per mascherare la sua omosessualità». Di Burt Lancaster: «Lo hanno beccato vestito da donna. Che ridere!».
E se a lei chiedevano «si sente più diva o star?», tagliava corto. Rivendicando un ruolo ben più importante: «Io sono una donna».
alemezlo
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