Addio a Oliver Sacks, il neurologo delle storie

Autore di bestseller come “Risvegli”, “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, “Allucinazioni”, aveva 82 anni
Nella foto tratta dal web il 7 luglio 2013 il neurologo e scrittore Oliver Sacks. ANSA/WEB +++NO SALES - EDITORIAL USE ONLY+++
Nella foto tratta dal web il 7 luglio 2013 il neurologo e scrittore Oliver Sacks. ANSA/WEB +++NO SALES - EDITORIAL USE ONLY+++

NEW YORK. Il famoso neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks è morto ieri a New York. Aveva 82 anni. A febbraio, lui stesso aveva scritto un editoriale sul “New York Times” per raccontare che era ammalato di cancro.

di ALESSANDRO MEZZENA LONA

La vecchiaia non lo spaventava. Perché Oliver Sacks sosteneva di «sentire nelle ossa il significato di un secolo». Non gli faceva paura nemmeno il cancro, perché provava «un grande senso di pace dentro di me» da quando aveva deciso di raccontare ai lettori nel libro di memorie “On the move”, e sulle pagine del “New York Times” e de “la Repubblica”, quanto difficile fosse stato far accettare ai suoi genitori il fatto di essere gay.

Aveva 18 anni quando confessò a suo padre quella che lui considerava «solo una sensazione». Sua madre non capì e lo affrontò a muso duro: «Sei un abominio. Vorrei che tu non fossi mai nato». Solo moltissimi anni dopo avrebbe ritrovato una certa sintonia con la sua famiglia di ebrei ortodossi.

Nato a Londra nel 1933, figlio di un dottore specializzato in medicina interna e di uno dei primi chirurghi donna d’Inghilterra, docente di Neurologia alla New York University School of Medicine, professore alla Columbia University, Oliver Sacks si è fatto conoscere in tutto il mondo da lettori poco esperti di cose mediche per i suoi straordinari libri. In cui, partendo spesso da patologie personali (come la prosopagnosia, che crea difficoltà nel riconoscere i volti delle persone), ha raccontato aspetti sconosciuti di certe malattie capaci di creare problemi anche dal punto di vista sociale.

Due, in particolare, i libri che lo hanno consacrato come scrittore. “Risvegli”, dalla quale è stato tratto un film omonimo di Penny Marshall con Robert De Niro e Robin Williams, raccontava storie di pazienti post-encefalitici abbandonati in uno stato letargico anche per trent’anni che, con la somministrazione di una nuova sostanza, la L-Dopa, tornavano quasi per miracolo alla realtà. E “L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, il primo bestseller: portava alla ribalta il caso di un uomo affetto da una malattia visiva, l'agnosia. L’opera aveva dato spunto al musicista Michael Nyman per la creazione di un melodramma.

“Un antropologo su Marte”, che aveva vinto un Polk Award, era un viaggio nella vita della professoressa Temple Grandin affetta da una particolare forma di autismo: la sindrome di Asperger. “Vedere voci” entrava nel mondo pieno di visioni di chi ha perso la facoltà dell’udito, rivelando aspetti sconcertanti della sordità.

“Allucinazioni” rivelava senza tanti giri di parole l’uso, anche pesante, di sostanze stupefacenti che Oliver Sacks aveva praticato per lungo tempo. «Negli anni Settanta, quando lavoravo in California, dedicavo i miei fine settimana a questi viaggi. Prendevo un po’ di anfetamine, che mi hanno reso alla lunga dipendente, un poco di Lsd e ci aggiungevo una spruzzata di cannabis, tanto per rendere più piacevole l’effetto. Una volta mi dissi: voglio vedere il colore indaco. Iniziò un viaggio che mi mostrò un capolavoro cromatico che nemmeno Giotto era mai riuscito a realizzare». Ma Sacks, in quel libro, si era addentrato anche nel terreno minato delle visioni estatiche, raccontando storie di pazienti con allucinazioni in tutto identiche a quelle dei santi, dei veggenti.

Del resto, Sacks non aveva paura di dire quello che pensava. A chi gli sottoponeva la rituale domanda su scienza e religione, rispondeva: «Non credo nell’immortalità. Penso che, se esistesse, farebbe un grave danno al genere umano. Io mi accontento di vivere ancora qualche anno in buona salute, per provare ancora qualche gioia. Poi toglierò il disturbo».

Se n’è andato lasciando ai lettori un altro libro: “Il diario di Oaxaca”, tradotto da Maurizio Migliaccio per Adelphi.

alemezlo

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