A Science+Fiction l’Asteroide premia il russo “Sputnik”, fantascienza vintage

Il Méliès d’argento all’austriaco “The Trouble with Being Born”. Riconoscimenti all’ungherese “Post mortem” sulla “spagnola”
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TRIESTE. Vince la cara e vecchia fantascienza di una volta, al 20. Trieste Science+Fiction. Confermando l’amore per il genere emerso anche in altri film del festival (“Skylin3s”, “Dune Drifter”), il russo “Sputnik” di Egor Abramenko conquista in questa futuristica (suo malgrado) edizione online il premio Asteroide 2020 del concorso Neon, deciso dalla giuria formata dal fumettista Bepi Vigna, dallo sceneggiatore Javier S. Donate e dal produttore Brendan McCarthy. Il riconoscimento premia l’importante fantascienza cinematografica russa 14 anni dopo l’Asteroide a “Manga” di Peter Khazizov, e tre anni dopo il premio del pubblico a “Salyut-7” di Klim Shipenko.

Visionabile oggi dalle 20 su MyMovies.it, “Sputnik” è un riuscito e originale incrocio tra film di culto quali “La cosa dall’altro mondo” e “Alien”, ispirato anche alle tematiche mostruose di H.P. Lovecraft, eterno nume tutelare del fantastico contemporaneo.

Da una missione spaziale degli anni ’80 rientra vivo sulla Terra solo uno dei due astronauti dell’equipaggio. Affetto da amnesia, il sopravvissuto viene segregato e messo sotto osservazione in una base isolata, una sorta di Area 51 sovietica, perché dallo spazio ha portato con sé un compagno (“sputnik”) indesiderato. Toccherà a una psicologa ribelle scoprire il mistero della nuova identità dell’astronauta.

Girato in maniera sobria e realistica e con un unico, ma efficace, effetto speciale, “Sputnik” dà corpo innanzitutto a un tipico incubo lovecraftiano, con il misterioso materializzarsi antropomorfico di un orrore metafisico, che dall’infinito cosmico minaccia l’umanità. Ma come spesso è accaduto e accade nel cinema dell’Est Europa, anche “Sputnik” scava in un passato in apparenza concluso (qui il finire della Guerra fredda) per alludere a incubi sempre presenti, quali le false verità ufficiali e il destino dei dissidenti.

Come abbiamo subito segnalato nei giorni scorsi, la vecchia Europa sotto attacco di nuovi virus e terrorismi dimostra di saper meglio intuire l’attualità attraverso i suoi film fantastici. Ed è proprio all’Austria appena colpita che va il secondo più importante premio del festival, il Méliès d’argento per il miglior film europeo, con “The Trouble with Being Born” di Sandra Wollner.

La giuria formata dal musicista Pino Donaggio, dalla direttrice del Far East di Udine Sabrina Baraccetti e dal regista Martin Turk, ha giustamente gratificato questa malinconica riflessione sociale sugli sviluppi oscuri dell’intelligenza artificiale, che nel tema sembra una puntata di “Black Mirror”, ma che si rivela una storia autoriale, inaspettata e provocatoria.

Arriva dalla Mitteleuropa anche un altro film molto apprezzato, l’ungherese “Post mortem” di Péter Bergendy, che ha ottenuto due riconoscimenti, la Menzione speciale della giuria del Méliès e il Premio Rai4. Casualmente ambientato ai tempi dell’antenata del Covid, l’epidemia “spagnola” seguita alla Prima guerra mondiale, “Post mortem” è una classica storia di fantasmi che è anche una tenera riflessione sul ruolo catartico del cinema. Europei sono anche il Premio Nocturno al francese “Meander” di Mathieu Turi (oggi online alle 18) e la Menzione del Premio Rai4 al cupo fantasy norvegese “Mortal” di André Øvredal, mentre va al Canada la Menzione di Neon, con la fantascienza psicologica di “Come True” di Anthony Scott Burns (oggi alle 24).

Insieme alla fantascienza più classica e ai film di fantasmi (ricordiamo ancora il formidabile australiano “Relic”), il filone dei film sugli zombi si conferma anche quest’anno il più visto al Science+Fiction. Nato non a caso nel ’68 (“La notte dei morti viventi”), lo zombie-movie rimane quello che meglio rappresenta per metafora apocalissi, disagi sociali e rivolte degli esclusi.

E se l’Oscar a “Parasite” ha fatto conoscere al pubblico mondiale le differenze di classe in Corea, già quattro anni fa il K-horror “Train to Busan” di Yeon Sang-ho aveva detto le stesse cose con la sua invasione di zombi fulminei. Oggi alle 22 è online il seguito “Peninsula”, tipico film post-apocalittico (molto “Fuga da New York” di Carpenter), che di coreano mette nuovamente al centro i bambini e la famiglia, baluardi dei guasti sociali.
Sopravvissuto bene all’edizione online, il Trieste Science+Fiction tornerà fra un anno, quando si spera che il pianeta Terra sarà infetto solo sullo schermo. —
 

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