A Bruxelles le tracce di Cesare Dell’Acqua il pittore dell’Impero

Viaggio in Belgio nei luoghi dove l’artista piranese  visse e lavorò buona parte della sua vita

Nel 1848 un giovane pittore istriano compie un lungo viaggio verso l’Europa del Nord. Si porta dietro le speranze di poter maneggiare i pennelli dell’arte che conta, quelli capaci di ritrarre i salotti luccicanti di una Parigi che si è appena svegliata dalle barricate della sua terza rivoluzione. Cesare Dell’Acqua - che diventerà il pittore più engagé dell’Impero asburgico, l’artista che tra il 1852 e il 1877 eseguì numerose opere a Trieste che lo resero famoso e richiesto - ripiega quindi su Bruxelles perché qui già abita suo fratello. Vi trascorrerà oltre mezzo secolo, raggiungendo risultati professionali eccezionali, esponendo le sue opere fino alle terre agli antipodi del globo. Sposerà una belga di ascendenza fiamminga e da questo matrimonio nasceranno due figlie, estinguendo il ramo maschile del casato.

Quest’anno ricorrono i 170 anni dal suo essere migrante, dall’Impero asburgico al Regno del Belgio. I segni del passaggio di Cesare Dell’Acqua, cercandoli, si possono ritrovare ancora oggi, tra le strette vie di quartieri un tempo importanti della capitale europea, nelle stanze di gallerie d’arte reali, immaginando i palazzi da dove egli stesso trasse ispirazione per dare vita al colore. D’altronde se il tuo cognome porta con sé l’acqua allora la relazione con la pittura ad acquerello sarà pressoché totale. Nella narrazione che accompagna le gesta di Dell’Acqua si inseriscono poi figure contemporanee, aste londinesi, mercanti d’arte americani, appassionati gentili e sguardi precisi che raccontano il quotidiano. «Nel panorama artistico contemporaneo, Cesare Dell’Acqua è stato per certi versi snobbato per moltissimo tempo» racconta Flavio Tossi, triestino in quiescenza che vive a Bruxelles dalla fine degli anni Sessanta. «Per un periodo della sua vita visse nel quartiere di Ixelles, che all’epoca rappresentava la zona dove risiedevano gli artisti. Era una zona molto ricettiva e di sicura attrattività e, tra gli altri punti, fa riemergere una bella storia di accoglienza» commenta Tossi.

In Rue du Prince Royal sulla facciata del civico 83 campeggia una targa, posta grazie all’interesse della Cassa di Risparmio di Trieste nel 1993, dello stesso Tossi e del Circolo di Storia Locale di Ixelles. Ricorda il luogo dove visse proprio Dell’Acqua e il suo impegno nel fondare la Sociète royale belge des Acquerellistes. La frase successiva indica come egli sia considerato cittadino adottivo di Ixelles, il che non rappresenta una onorificenza qualunque. Oggi al posto dello studio del Dell’Acqua ci sono uffici e appartamenti, in un’area dove i graffiti sulle facciate dei palazzi si sprecano, si notano biciclette appoggiate alle serrande dei pochi negozi e annunci di affitti della Trevi Corporate.

«Nella storia di questo pittore ci sono alcuni personaggi che esercitano su di lui una discreta influenza» racconta Tossi mentre sullo sfondo compare il palazzo di Giustizia della capitale, da più di trent’anni in fase di restauro. «Uno di essi è sicuramente il pittore Louis Gallait che lo ospitò nel suo studio».

Le vicende di Dell’Acqua si intrecciano con il Belgio e in particolar modo con la parte fiamminga. «Sposa infatti Caroline van der Elst, dalla quale avrà due figlie, Eva e Alina». Al nome e cognome della moglie oggi fa riferimento una restauratrice olandese omonima che tuttavia non possiede nessun legame con la storia del pittore piranese. Chi invece ha una relazione storica con i suoi dipinti è la casa reale che è proprietaria forse del dipinto più suggestivo per immaginare la Trieste del XIX secolo. «Il re possiede il quadro intitolato “Marinai di diverse nazioni nel porto di Trieste”, vale a dire probabilmente una delle immagini più leggendarie del fronte mare triestino».

Ci sono drappi antichi, barbe lunghe e copricapi levantini. Una contrattazione tra due dalmati e un sensale ebreo e due pope sulla via del ritorno per San Nicolò, e sullo sfondo anche un signore che porta una tuba, forse viaggiatore proveniente dal nord Europa. La famiglia reale ha il privilegio poi di poter osservare il Turco valacco e sensale, dove Dell’Acqua ha ritratto questi due personaggi all’angolo del caffè Tommaseo.

Dal 1895 al Museo Reale delle Belle Arti del Belgio esiste poi un acquerello dal titolo “Contadina dei dintorni di Trieste e donna dalmata” (denominazione ufficiale adottata dal museo in seguito a approfondimenti di Franco Firmiani) che diventa modello per la descrizione dei costumi del litorale adriatico.

«Il Dell’Acqua, al contrario di quello che si potrebbe pensare, in verità è molto apprezzato a livello internazionale», dice Tossi. Tra qualche settimana a Londra alla casa Sotheby’s verrà battuto all’asta un suo dipinto a olio intitolato “Orientale che brucia profumi” per una base valutata tra le 60 e le 80 mila sterline.

Esiste poi una storia semi sconosciuta, vale a dire il prodotto di una relazione dimenticata dell’artista con il mondo della fotografia. «Il “Ritratto di fanciulla”, realizzato prima del 1873, venne regalato proprio da Dell’Acqua al fotografo triestino Malovich come ringraziamento per le istantanee che ritraevano la delegazione messicana giunta al castello di Miramare per offrire la coorona imperiale del Messico a Massimiliano e Carlotta» sostiene Tossi. «Malovich le aveva fatte pervenire a Dell’Acqua direttamente a Bruxelles».

Non lontano dal palazzo reale svetta un’abitazione leggermente più piccola delle altre. È il palazzo che si chiama Hôtel Errera, di proprietà all’epoca di un veneziano. Giacomo Errera commissionò tre enormi dipinti che oggi sono in una collezione privata a Reggio Emilia. «Tempo fa sono stato contattato da un vecchio signore tedesco residente negli Stati Uniti che voleva donare un suo dipinto. Alla fine, non senza sforzi, è finito al Museo Revoltella a Trieste ed è esposto al Museo della Civiltà Istriana» afferma Tossi. Cesare Dell’Acqua morì a Bruxelles nel 1905 e venne sepolto in un cimitero di uno dei 19 comuni che compongono la capitale. I suoi resti oggi non sono visibili essendo la tomba stata dismessa e non c’è più nessuna traccia della sua lapide, scomparsa, accantonata chissà in quale magazzino, forse distrutta. Trieste e i fasti dei secoli XVIII e XIX che egli congelò, nella capitale europea sono in mani private o in collezioni pubbliche.

«Quando assieme a Franco Firmiani ci mettiamo a lavorare sul Dell’Acqua – conclude Tossi – spesso scherziamo e lo chiamiamo con affetto zio Cesare». In alcuni casi sono proprio le passioni a modificare la percezione collettiva, quella che vorrebbe ricordare il pittore piranese esclusivamente per i lavori della chiesa greco-ortodossa o delle fortune commerciali della Trieste di un tempo. A pochi passi dal Museo dedicato a Magritte in Place Royale infatti esiste un vecchio pannello informativo della britannica Gresham Life Assurance Society Limited (compagnia d’assicurazioni specializzata nel ramo vita, ndr) che venne fondata a Londra nel 1848, l’anno in cui Dell’Acqua si trasferì a Bruxelles. Sulla facciata del pannello, si possono leggere i nomi delle città dove questa compagnia assicurativa decise di aprire le sue succursali. Trieste è penultima in ordine di trascrizione e alla pari di Bombay, Amsterdam, Il Cairo, Stoccolma, Costantinopoli, Barcellona, Copenaghen e Atene. Con una discreta dose di fantasia e di narrazione, si potrebbe immaginare Cesare Dell’Acqua intento ad osservare la maestosità dei palazzi brussellesi e perché no, ad individuarne le similitudini con quelli in riva all’Adriatico.

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