5 luglio 1908: la prima volta nella Grotta Gigante FOTO

Risale esattamente a 110 anni fa la solenne cerimonia che inaugurava la prima cavità turistica del Carso triestino. Vi scesero in 575 con la luce magica di migliaia di candele

TRIESTE Migliaia di candele accese lungo i sentieri della grotta e un enorme lampadario che distribuisce a mezz’aria la sua luce dal centro della caverna, consentendo ai visitatori di contemplarne l’eccezionale vastità.

II 5 luglio 1908 più di cinquecento persone erano scese nella Grotta Gigante per partecipare all’inaugurazione della prima cavità turistica del Carso triestino: quasi una processione laica determinata a scoprire con i propri occhi il mondo di sotto, su cui per secoli storie, leggende, dicerie si erano avventate distribuendo paura, incertezza e superstizione.

Le fiammelle di quelle candele, la luce viva del lampadario, l’odore pungente del gas delle lampade a carburo di calcio tenute in mano dagli speleologi, rappresentavano il compimento di un sogno e di un progetto a lungo perseguiti dal Club Touristico Triestino: i suoi esploratori si erano calati nella cavità e avevano individuato tre ingressi, il principale dei quali è ancora oggi percorso dalle comitive che vogliono visitare la grotta. Ecco la relazione su quella discesa nell’abisso pubblicata sul bollettino del “Tourista” del primo maggio del 1895.



«Erano le 9 e mezza allorché raggiungemmo l’ingresso della grotta. I 10 metri di scala furono ben tosto discesi e ci trovammo sulla china di un dolce pendio coperto di sassi franati, ossa di animali e rami marci d’albero: nelle numerose cavità delle pareti coperte di musco, nidificavano i colombi selvatici e i pipistrelli. Passato questo pendio la grotta si estende innanzi e noi giungiamo, attraverso uno stretto buco, in un atrio il cui suolo è coperto da uno strato alto oltre un metro di humo rossiccio e umido. Procedendo cautamente lungo la parete di sinistra ci troviamo ben presto all’orlo superiore del secondo abisso di 16 metri d’altezza. Calatici al fondo coll’aiuto della scala, ci troviamo di nuovo su di un lungo pendio, questa volta però assai inclinato e segnato da frane estremamente mobili. In conseguenza, più sdrucciolando che camminando, arriviamo alla sua estremità opposta e ci troviamo in uno dei più belli spazi sotterranei del Carso con innumerevoli colonne, stalagmitiche, bianche e cristalline, con splendide stalattiti e cortine meravigliosamente ben formate, fontane pietrose, simili a solide cascate d’acqua. Poi un largo spazio piano coperto di fango e avente due laghi d’eccellente acqua di stillicidio».

Le esplorazioni continuano e tra i dirigenti del club si fa largo l’idea di attrezzare la grotta per consentirne l’uso al gran pubblico. Nel 1905, il Club acquista i terreni sovrastanti la cavità e ne diviene a tutti gli effetti proprietario; nello stesso anno iniziano i lavori di costruzione della scale e dei percorsi per scendere agevolmente in profondità, riducendo al minimo i rischi di incidenti. Tutto è finanziato dal denaro privato, raccolto dal club e amministrato con sagacia a cui si affianca il lavoro volontario dei soci.

In quegli anni a cavallo tra ’800 e ’900 il club era il più frequentato di Trieste e organizzava escursioni naturalistiche ed esplorazioni speleologiche nei dintorni della città. Vi aderivano persone di ogni estrazione sociale, tutti però, “leali sudditi austriaci”. Una caratteristica questa che inevitabilmente metteva in contrapposizione i “touristi” con gli irredentisti della Società alpina delle Giulie, tutta tesa a ribadire l’identità italiana del territorio.

Ma ritorniamo all’inaugurazione di 110 anni fa. Le cronache raccontano che «domenica 5 luglio 1908, alle ore 3 e mezza pomeridiane, si iniziò la solenne cerimonia. L’illuminazione della Grotta Gigante si prolungò fino alle 6.30 di sera. In quelle ore la cavità fu visitata da 575 persone che non finivano di esprimere in mille modi la loro ammirazione per gli spettacoli svariati e degni della massima attenzione degli scienziati e dei profani. Prima nella grotta e poi nel vicino villaggio, rallegrava i visitatori un concerto di banda musicale».

Furono eseguiti svariati brani, tra cui alcuni dal “Sigfrido” di Richard Wagner, probabilmente per ribadire un’assonanza col mondo magico tedesco più che col melodramma risorgimentale di Giuseppe Verdi. All’inaugurazione intervennero rappresentanze delle associazioni cittadine: tra esse la Sezione litorale dell’Alpenverein, il club alpino austro-germanico, il Circolo Hades, la Società adriatica di Scienze naturali e altre. La stampa fu rappresentata dai redattori dei quotidiani “Il Piccolo”, “Il Lavoratore” e “Triester Zeitung” che non mancarono di riferire ai lettori le inusuali e immense dimensioni della cavità. Il cavernone potrebbe comodamente contenere – cupola compresa - l’intera basilica romana di San Pietro.

Dalla base alla sommità i metri di distanza sono 107; la larghezza è di 65 e la lunghezza di 130. Altri dati riportati negli Anni Venti dalla “bibbia degli speleologi, il famoso e raro “Duemila Grotte” di Eugenio Boegan, fanno il punto non solo sulle dimensioni del salone centrale ma sulla complessiva estensione della Grotta Gigante: la profondità è di 136 metri e la lunghezza totale di 380. —


 

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