Zrce, l’Ibiza croata, “uccisa” dal Covid-19
SPALATO Anche se i miracoli sono sempre possibili, è molto probabile che questa estate non vedremo a Zrce, sull’ isola di Pago, corpi statuari e abbronzatissimi dimenarsi al ritmo di musiche assordanti e ritmate. La più rinomata delle spiagge croate, capitale della movida adriatica, sta conoscendo la peggiore delle crisi da quando night club, bar, discoteche e ritrovi d’altro tipo l’hanno trasformata in una meta irrinunciabile per decine di migliaia di giovani che sbarcano a Pago, arrivando da ogni parte d’ Europa e del mondo, con l’ Italia nella top ten delle presenze.
Il blackout provocato dalla pandemia ha di fatto congelato una destinazione che nell’ultima quindicina di anni è diventata popolarissima, meritandosi l’appellativo di Ibiza croata. Per il 2020 sono stati cancellati praticamente tutti i maggiori festival, con gli organizzatori isolani che non sanno ancora se in estate potranno vedere sulla più lunga delle isole croate, Pago appunto, turisti italiani, britannici, americani, svedesi, belgi e via elencando. Inoltre è ancora imperscrutabile il comportamento del virus durante la stagione estiva, con relativi problemi di distanziamento sociale, impossibili da rispettare in presenza di migliaia di giovani scatenati, raccolti in poche centinaia di metri quadrati.
La vicina località di villeggiatura di Novalja sta conoscendo cali nei pernottamenti del 70 per cento su base annua, presentando un aspetto che fa riandare con la memoria alla guerra croato–serba degli anni ’90 del secolo scorso. Ad esprimere pessimismo è uno dei pionieri del fenomeno di Zrce, quel Boris Šuljic, proprietario del club Calypso, il primo ad essere inaugurato sulla popolarissima spiaggia, precisamente negli anni ’80. «Gli amanti dei party notturni - spiega - potrebbero scegliere altre località mediterranee, con un decremento di presenze che da noi potrebbe risultare del 90 per cento rispetto al 2019 e in alcuni casi anche del 100 per cento».
«Senza i festival - prosegue - è impossibile attirare i giovani. Solo il Sonus non è stato cancellato a causa del Covid-19, ma questo appuntamento non può da solo ovviare alle perdite che ci apprestiamo a registrare. I club Calypso, Acquarius, Noa e Papaya sono capaci di ospitare fino a 2 o 3 mila persone e vederne 300 o 400 suscita tristezza e peggio. Vedremo cosa succederà in quanto agli eventuali licenziamenti di personale». —
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