Zone gialle, Draghi resiste alle Regioni: «Prima tutte le scuole, poi i ristoranti»

ROMA Mario Draghi dice no a fughe in avanti e al ripristino delle zone gialle. Le restrizioni restano quelle decise fino al week-end del primo Maggio. «Se nel frattempo le cose dovessero andare meglio del previsto, ne riparliamo». Con un’avvertenza: se un margine per allentare le misure contro il Covid ci sarà, verrà speso ancora una volta per la scuola. Il premier, dopo aver imposto la riapertura delle aule fino ai dieci anni, vuole rimandare prima possibile in presenza anche gli studenti delle secondarie.
Tutte le fonti interpellate riferiscono che il vertice di ieri, lunedì 29 marzo, del governo con le Regioni è avvenuto «in un clima di dialogo».
Ma la cordialità è direttamente proporzionale alla fermezza. Una delle questioni più delicate in agenda è la possibilità per i presidenti di acquistare vaccini fuori dagli accordi di distribuzione europei. Sul punto Roberto Speranza è fermo: «Nell’articolo 7 del contratto di forniture firmato dalla Commissione c’è l’esplicito divieto di approvvigionamenti bilaterali». Vale per gli Stati, vale per le Regioni. Il veneto Luca Zaia e il campano Vincenzo De Luca avevano promesso di ordinare il vaccino russo non appena sarebbe stato autorizzato dall’autorità europea per il farmaco. «Scordatevelo», dicono Draghi e Speranza.
Non solo è vietato comprare vaccini sul mercato parallelo, ma nemmeno ce ne sarà bisogno. Il governo su questo ha iniziato a fare promesse difficili da non mantenere. I numeri presentati al vertice dicono che entro questa settimana verranno consegnati quasi tre milioni di dosi fra Pfizer e Astra Zeneca (1,3 milioni per ciascuna marca), altre 500mila da Moderna. Il 19 aprile è attesa la prima fornitura del monodose di Johnson and Johnson. Secondo le proiezioni presentate dal commissario Covid Francesco Figliuolo, fra aprile e giugno sono attesi 50 milioni di fiale, fra luglio e settembre altre 80 milioni. Veri o no, numeri che fanno dire a Draghi che «avremo l’immunità entro luglio». Il presidente della Conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, chiede una «verifica giorno per giorno sul rispetto delle consegne».
Draghi chiede pazienza e fiducia, ma ai governatori di centrodestra non basta. Pressati da Matteo Salvini, più d’uno chiede di non attendere la fine di aprile per ripristinare le zone gialle, quelle che permettono di aprire bar e ristoranti fino alle 18. Il ministro delle Regioni Maria Stella Gelmini propone un automatismo grazie al quale anticipare la scadenza nel caso di calo sensibile dei contagi. Ipotizza anche l’uso obbligatorio dei tamponi all’ingresso per permettere la riapertura di alcune attività, come palestre e centri sportivi, ma per il momento Draghi è concentrato su altro: rimandare in aula anche gli over dieci. In queste ore a Palazzo Chigi si sta lavorando molto su questo. L’ipotesi più probabile è di lasciare facoltà alle Regioni in zona arancione di tornare alle regole in vigore nell’ultimo decreto, ovvero con la presenza al 50 per cento.
Per i governatori, in particolare quelli del Sud, è l’ennesimo dito nell’occhio, e per questo Bonaccini media. Lo aveva fatto sulle liste vaccinali – su cui le Regioni si stanno (lentamente) convertendo al criterio prevalente dell’età – ora lo fa sulle scuole. In cambio ottiene per tutti un nuovo incontro con Draghi dedicato al Recovery Plan per l’8 aprile. In queste ore, spalleggiato dal presidente del Fvg Massimiliano Fedriga, chiede di rivedere i parametro dei 250 casi settimanali su centomila abitanti, introdotto appena un mese fa per rispondere con più rapidità al peggioramento della situazione epidemiologica. Ma già allora il limite fu introdotto con la consapevolezza che senza un riferimento più specifico ad un numero minimo di tamponi, si corre il rischio di disincentivarne l’uso. Sono tutte questioni che verranno decise nelle prossime 48 ore: il consiglio dei ministri con all’ordine del giorno il nuovo decreto è convocato per domani. —
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