Zecche, primo caso di encefalite

Luzzati: «La persona che abbiamo curato era a camminare sul Carso. Sempre obbligatoria un’ispezione sul corpo»
Di Gabriella Ziani

Primo caso a Trieste di meningoencefalite da zecca. La persona colpita dalla grave malattia (Tick borne encephalitis, Tbe) ha passato un ricovero al reparto di Malattie infettive dell’ospedale Maggiore. È guarita. Ma l’esordio di un caso di Tbe veicolato da una zecca con questa infezione finora confinata in Austria, Slovenia, zone montane del Tarvisiano e della Carnia, e a Trieste del tutto assente, fa scattare ulteriori allarmi dopo quelli, annuali, per la zecca infetta che causa il morbo di Lyme portando il batterio Borrelia.

«Il paziente - afferma Roberto Luzzati, direttore di Malattie infettive - certamente era andato sul Carso triestino, non in altre zone della regione. Le province di Pordenone e Udine registrano una decina di casi all’anno. Qui, primo e finora unico caso. Ma diventa anche da noi sempre più importante, tornando da una escursione, o lavorando o facendo sport in area carsica, controllare accuratamente tutto il corpo, compresa la schiena e senza trascurare il cuoio capelluto, perchè le zecche cadono anche dagli alberi. Se sotto la cute è visibile una zecca, è importante estrarla immediatamente usando una normale pinzetta. Per prevenire l’encefalite la zecca va tolta prima che si sviluppi l’infezione, e cioé entro 24 ore dalla puntura. Fatta l’estrazione, non occorre rivolgersi a un medico, non c’è più pericolo - avverte Luzzati -, la malattia altrimenti ha un’incubazione di 15-17 giorni, e si manifesta innanzitutto con febbre». Se trascurata, l’agente infettivo attacca il sistema nervoso centrale, con danni anche molto gravi.

Le zecche “viaggiano” con gli animali selvatici e proliferano con le alte temperature, dunque sempre più da quando è cambiato il clima. La vigilanza deve durare da aprile a ottobre. E deve estendersi agli animali domestici. Nemmeno le aree urbane (per esempio la Pineta di Barcola) sono ormai immuni, anche se i medici avvertono: «Nel 95% dei casi le zecche sono del tutto innocue, solo una minima parte si infetta venendo a contatto con la fauna selvatica».

Contro la Tbe esiste da tempo un vaccino, che il sistema sanitario regionale ha reso gratuito per chi abita o frequenta motivatamente le zone a rischio. Ma Trieste (salvo scout, forestali, persone in vacanza stabile in Carnia e così via) era finora al sicuro e preparata solo a guardarsi dalla zecca portatrice di Borrelia, che causa il morbo di Lyme, il quale tra l’altro ha una incubazione più insidiosa, ma più lunga. «Bisogna ancora capire - diceva lo scorso anno il medico Fulvio Zorzut, che di Malattie infettive si occupa invece all’Azienda sanitaria - perché a Trieste non si siano mai verificati casi di meningoencefalite: si ipotizza sia effetto del mare, ma senza alcuna prova scientifica». E invece eccoci qui: il mare o altro non ci proteggono abbastanza.

Da ultimo, ma non con minore fermezza, Luzzati mette in guardia i viaggiatori. Non più per gli insetti, ma per il nuovo “coronavirus” che ha già causato morti in Oriente. Un paio di casi in Italia, ma isolatamente su persone tornate da paesi asiatici. «Non abbiamo visto alcun malato qui da noi - dice l’infettivologo -, però chi viaggia in Medio Oriente, se al ritorno è colpito dalla febbre, si faccia subito vedere dal medico».

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