Zannier: "Migranti, in arrivo grandi numeri: serve approccio globale"

Il segretario generale Osce a Trieste "Monitoriamno la rotta balcanica, i governi creino lo sviluppo per l'integrazione"
Lamberto Zannier (a destra)
Lamberto Zannier (a destra)

TRIESTE. «Il Friuli Venezia Giulia, come le altre regioni ma direi tutti i Paesi dell’Unione, deve prepararsi. La vicenda dei migranti è anzitutto una questione di numeri. E i loro numeri sono impressionanti: in Africa, a esempio, 50 anni fa la popolazione era la metà di quella europea. Ora la situazione è invertita. Noi dell’Osce collaborando specie con l’Arma dei carabinieri e l’Interpol vigiliamo sulla rotta balcanica per stroncare il traffico di esseri umani ma sono i governi a dovere agire». Lamberto Zannier, udinese, segretario generale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, con grande onestà intellettuale delinea un quadro fosco.

«A costo di risultare impopolare, devo lanciare un avvertimento: il problema non si risolve solo affrontando il lato umanitario, assistenziale. C’è bisogno di un approccio globale, in particolare di creare lo sviluppo economico necessario a inglobare questa massa che continuerà ad affluire» spiega durante la sua recente visita a Trieste, dove ha rilanciato la collaborazione con l’Iniziativa centroeuropea (Ince).
I migranti continuano ad arrivare: si chiude una “porta” e se ne apre un’altra: cosa fare?
Bisogna che i governi lavorino su più livelli, finora la risposta dell’Unione europea è stata debole. La pressione demografica continuerà: questo è il punto di partenza. E tale problema si risolve solo se si riescono a innescare meccanismi che creino sviluppo, benessere. È un dato storico: come aumenta il progresso, così diminuisce la natalità.
Ma la demografia da sola, come le guerre, che ci sono sempre state senza che si verificasse un’invasione dell’Europa, non basta a spiegare il fenomeno degli ultimi anni...
Certo, bisogna tenere in considerazione, oltre ai conflitti regionali, anche il terrorismo e i cambiamenti climatici. Questi fattori concorrono alla fuga verso l’Europa. Persino il primo flusso di profughi in Siria è stato determinato dalla siccità che aveva tolto il pane alle famiglie, non dalla guerra civile.

Osservatori Osce in Ucraina
Osservatori Osce in Ucraina

Una pressione enorme: come giudica la risposta dell’Ue?
Finora si è mossa con debolezza. C’è da osservare che questo banco di prova ne sta minando seriamente la stabilità. Tutti gli Stati membri devono accettare il principio di un’equa ripartizione degli oneri dell’immigrazione, altrimenti cade lo spirito fondamentale che permea l’Unione. Anche i vari “muri” che sono sorti o stanno sorgendo, danno spallate alla stessa costruzione europea.
A proposito di “muri”, come giudica quello austriaco e cosa deve attendersi il Friuli Venezia Giulia?
A Vienna, complici storiche minoranze islamiche come quella turca, ormai la maggioranza degli alunni fino ai 12 anni è di fede musulmana. Non dico che ciò verrà replicato da noi, ma sarei disonesto a negare un trend simile. È necessario attrezzarsi in anticipo: l’assimilazione, quella vera, costa soldi e tempo. Non si possono adottare solo strumenti umanitari. Certo abbiamo obblighi, derivanti da trattati ormai vecchi e inadatti all’attuale situazione reale: ma rinegoziarli mi sembra tanto necessario quanto difficile. Una cosa è certa: la portata del fenomeno e le sue conseguenze sulla nostra vita quotidiana vanno spiegate alle nostre opinioni pubbliche. Questo, i nostri governi, ai loro cittadini lo devono. Altrimenti sarà peggio.
E l’Osce cosa fa in merito?
Siamo presenti con i “field office” delle nostre missioni nei Paesi della rotta balcanica. Contribuiamo, anche con il nostro ufficio specializzato a Vienna, alla lotta al traffico di esseri umani. Certo non si riducono così i flussi migratori ma tali azioni vanno compiute. Con i Carabinieri allestiremo in Italia corsi per le polizie di frontiera dei Balcani; con l’Interpol agiamo da “facilitatori” affinché le banche-dati vengano effettivamente condivise fino all’ultimo operatore che fisicamente presidia il confine, circostanza che attualmente non sempre avviene.
Guardiamo un po’ oltre i Balcani: non le sembra che gli Stati Uniti agiscano troppo disinvoltamente verso la Russia di Putin riguardo la crisi innescata dalla Crimea?
Stiamo attraversando, anche in questo caso, un periodo politico non felice. Il solco tra Est e Ovest si sta approfondendo; su Washington premono, con motivazioni lievemente diverse, le repubblcihe baltiche e Stati come la Polonia. L’Osce è al “centro del ring”: ascolta, anche la Nato, e media. O almeno cerca di farlo. La nostra missione in Ucraina è cresciuta, siamo arrivati a mille persone, delle quali 700 sono osservatori, ma i progressi sono lenti. Il presidente ucraino Poroshenko ha accosentito alla presenza di polizia internazionale armata in ocacsione delle elezioni locali nel Donbass: speriamo seguano altre aperture».

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