Zagabria, migliaia in piazza: «No all’ideologia gender»

Protesta contro la Convenzione europea anti-violenza sulle donne: «Minacciata la famiglia tradizionale». Appoggio di Chiesa e conservatori. Premier nel mirino

ZAGABRIA. Migliaia di persone hanno sfilato ieri a Zagabria per protestare contro la ratifica della Convenzione di Istanbul, il documento del Consiglio d’Europa (Coe) dedicato alla prevenzione e alla lotta contro la violenza di genere e la violenza domestica. Redatta nel 2011 e ratificata da una trentina di paesi, tra cui i principali Stati membri dell’Ue, la Convenzione è il primo strumento internazionale a fissare norme giuridiche vincolanti per prevenire la violenza contro le donne, proteggerne le vittime e punirne gli autori. In Italia è stata ratificata nel 2014 con voto unanime di entrambe le Camere. Ma in Croazia c’è chi ritiene che il testo minacci la “famiglia tradizionale” e introduca la cosiddetta “ideologia gender”. Ieri una manifestazione sostenuta dalla Chiesa e dagli ambienti più conservatori della destra ha portato in piazza più di 5 mila persone secondo la polizia - 10 mila secondo diversi organi di stampa - provenienti da tutto il Paese e dalla Bosnia, per lanciare un messaggio duro nei confronti del governo di Andrej Plenković, favorevole alla ratifica.



«Traditore», «bluff», «vattene!»: erano numerosissimi i cartelloni dedicati al premier e leader del centro-destra croato. A Plenković i manifestanti imputano di voler minare l’identità croata, associata alla fede cattolica, e di voler importare nell’ordinamento croato un documento che aprirebbe a matrimoni gay e a più diritti per le persone Lgbt. «Vogliono che non si parli più di mamma e papà ma di genitore 1 e genitore 2», accusa Neda Macukić, venuta dalla città dalmata di Imoschi (Imotski) per la protesta: «Siamo un Paese cattolico, siamo credenti e non vogliamo che sia introdotta l’ideologia gender». Uno zagabrese sulla cinquantina spiega invece di essere contrario alla ratifica perché «io sono un uomo, non posso essere anche una donna»; mentre una giovane assicura che «i delitti contro le donne sono aumentati del 30% nei paesi che hanno ratificato la Convenzione di Istanbul».

Simili affermazioni sono dovute alla martellante campagna portata avanti nelle ultime settimane dai detrattori del trattato del Coe e dalla Chiesa stessa. Da testo internazionale che getta le basi giuridiche per la lotta alla violenza di genere, la convenzione è divenuta il catalizzatore di tutte le battaglie portate avanti negli ultimi anni dagli ambienti ultra-cattolici e conservatori croati. Tra i personaggi noti presenti ieri alla manifestazione figuravano Željka Markić, fondatrice del movimento “Nel nome della famiglia” e promotrice del referendum che nel 2013 ha emendato la costituzione vietando i matrimoni gay; o ancora Vice Batarelo dell’associazione “Vigilare”, che nel 2016 ha organizzato una grande marcia anti-abortista a Zagabria. Anche Zlatko Hasanbegović, l’ex ministro della Cultura espulso dall’Hdz, era in corteo. «Questa è la volontà del popolo croato contro questa semi-ideologia contraria alla famiglia e ai suoi valori - ha affermato Hasanbegović - purtroppo il governo croato non cambierà idea, solo nuove elezioni possono far cambiare direzione a questo Paese».

Dopo la protesta il presidente del Parlamento croato e segretario generale dell’Hdz Gordan Jandroković ha ribadito che la ratifica della Convenzione gode di un ampio sostegno all’interno della società croata e che il testo del Coe non obbliga Zagabria a introdurre alcuna «ideologia gender» nei suoi sistemi educativi. «Ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma è importante che ciò avvenga in modo appropriato e con delle argomentazioni», ha dichiarato Jandroković. Il consiglio dei ministri ha approvato giovedì all’unanimità il passaggio della Convenzione in Parlamento, dove con ogni probabilità sarà approvata a larga maggioranza (anche il partito socialdemocratico voterà a favore). Il documento sarà ratificato ma accompagnato da una dichiarazione interpretativa, volta a calmare gli animi a destra. Dichiarazione «in cui abbiamo detto chiaramente che non ci sono obblighi per la Croazia di includere qualsivoglia ideologia gender nei suoi sistemi legali ed educativi», ha ribadito Jandroković.

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