Zagabria invita Belgrado: sì all’incontro del disgelo
ZAGABRIA. Dopo molti rinvii e col persistere di accese polemiche, la presidente della Croazia Kolinda Grabar Kitarović ha invitato in visita ufficiale a Zagabria a metà febbraio il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić. Lo ha confermato ieri l'Ufficio della presidenza croata, spiegando che «sono maturate le circostanze» per realizzare la tanto attesa visita. «Convinta in buona fede che da entrambe le parti esista la volontà di superare i vari contenziosi che tengono i due popoli ostaggi del passato, e intendendo lavorare per il miglioramento dei nostri rapporti, ho invitato il presidente Vučić in visita ufficiale in Croazia», ha scritto Kitarović.
Dopo una fase di normalizzazione dei rapporti circa un decennio fa, le relazioni tra le due ex repubbliche jugoslave si sono visibilmente e rapidamente deteriorate negli ultimi cinque anni. Sui rapporti serbo-croati pesa tutta una serie di contenziosi aperti, inclusi il futuro confine sul Danubio e la mutua protezione delle rispettive minoranze etniche. I pessimi rapporti sono inoltre alimentati da una accesa retorica nazionalista dei leader politici di Zagabria e Belgrado, che in sostanza ruotano intorno alle visioni spesso completamente opposte del passato, sia quello più recente legato al conflitto degli anni Novanta, sia sul retaggio della storia comune nella Jugoslavia e durante la Seconda guerra mondiale (leggi le polemiche sulla mostra dedicata al campo di sterminio ustascia di Jasenovac nella sede Onu di New York.
Kitarović prosegue così nella sua non facile opera di mediazione che ancora oggi deve sussistere tra i Paesi nati dalla “morte” della ex Jugoslavia due soli dei quali, la Croazia per l’appunto e la Slovenia sono Paesi membri dell’Unione europea. La Serbia sta ancora “timidamente” trattando con Bruxelles i primi capitoli per vestire la casacca blu con le stelle, tra mille ostacoli, il primo si chiama sempre “nazionalismo” e il grande punto interrogativo costituito dalla questione Kosovo.
«I miei obblighi costituzionali - ha precisato Kitarović - comprendono la promozione e la tutela degli interessi nazionali e internazionali della Croazia. Uno degli interessi chiave è sviluppare le migliori relazioni con tutti i Paesi vicini. Pertanto difendo con forza e guido una politica del dialogo sincero, cercando di risolvere le questioni aperte in un’atmosfera positiva».
Kitarović ha successivamente ricordato come il XX secolo si sia aperto con la Prima guerra mondiale che ha di fatto sancito la stagione dei conflitti reciproci tra croati e serbi. «Sono convinta però - ha sostenuto - che i croati e i serbi, i due vecchi popoli europei, con più di mille anni di storia e in vario modo di destini intrecciati, vogliono trovare un modo che alla fine ci condurrà verso un futuro migliore». Europa come fine ultimo, dunque, spirito comunitario che dovrebbe aiutare a cicatrizzare le ferite anche di quella che a Zagabria chiamano Guerra patria ossia il conflitto croato-serbo degli anni Novanta. “Sfida” alla quale Kitarović non si sottrae. «Il destino di tutti i dispersi nella Guerra patria deve essere risolto», ha sottolineato. «Non è solo una prova di umanità - ha subito dopo precisato - ma anche il fondamento della vera pace». Poi la presidente croata ha toccato un altro nervo scoperto: la tutela delle reciproche minoranze. «Il nostro compito permanente - ha detto il capo dello Stato - è proteggere e migliorare la posizione delle minoranze nazionali, sia nella Repubblica di Serbia che nella Repubblica di Croazia».
«Un problema - ha concluso - importante e per nulla marginale che ritengo possiamo risolvere parlando fra di noi. Se non ci riuscissimo allora lo faremo davanti alla magistratura internazionale». Insomma mediazione forte e sincera, ma se ci fosse un dialogo tra sordi resta sempre il diritto internazionale. La forza è sempre una sconfitta. Ci sono voluti 25 anni per sentire queste parole a Zagabria.
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