Zagabria fuori dalla recessione, ma non dalla crisi

Il Pil è cresciuto dello 0,5%, ma Fmi e Ue avvertono: servono riforme strutturali e urgenti per consolidare il rilancio
La bandiera croata
La bandiera croata

TRIESTE. Dopo tredici trimestri trascorsi in recessione ora finalmente ricompare il segno più accanto alle cifre macroeconomiche della Croazia. Una luce in fondo al tunnel, dicono in molti, gli stessi che si augurano che queste non siano piuttosto i fari di un treno che giunge nella direzione opposta. Sì, perché al di là di quelli che sono i rilevamenti resi pubblici dall’Ufficio nazionale di statistica croato, ancora tante sono le contraddizioni che permeano il tessuto economico e sociale del Paese.

Il Pil, i dati sono relativi al secondo trimestre di quest’anno, ha fatto registrare un incremento pari a +0,5% il che supera anche le previsioni degli economisti croati che prevedevano una crescita sì, ma più ridotta e oscillante tra un +0,1% e +0,3%. Al respiro di sollievi tirato dall’economia croata ha contribuito in primo luogo il commercio ma sono altresì aumentati dello 0,3% anche i consumi domestici. Trend negativi sono stati fatti segnare invece dall’agricoltura, dal comparto forestale e dalla pesca che hanno fatto segnare un meno 2,8%. Le esportazioni sono aumentate del 7,2% a fronte però di un aumento delle importazioni pari al 7,5%.

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Ma l’economia croata è ancora lontana dall’essere uscita dalla crisi che la sta atanagliando e soffocando quasi mortalmente dal 2008 in avanti. Come rilevato anche dal Fondo monetario internazionale (Fmi) in Croazia ci sono ancora troppe aziende quasi soffocate dai debiti, le paghe, confrontate con quelle degli altri Paesi da poco membri dell’Ue, sono troppo alte e scarse sono le prospettive di affari. Gli investitori internazionali poi sono preoccupati per una situazione politica molto incerta, soprattutto in vista delle prossime elezioni politiche di fine anno. Su 4 milioni e 290mila abitanti i disoccupati sono oltre quota 300mila, il numero di cittadini con i conti correnti bloccati perché incapaci di evadere i propri pagamenti sono oltre 320mila, mentre negli ultimi tre anni sono stati persi 200mila posti di lavoro.

Per confermare la fin qui debole “ripresina” della propria economia, la Croazia, a detta degli esperti del Fmi e dell’Unione europea deve con urgenza migliorare l’operatività delle aziende di Stato, dare un radicale taglio alla burocrazia e migliorare l’orizzonte affaristico. Deve altresì portare a compimento l’azione di ristrutturazione del debito dei cittadini e delle sue aziende nonché metter mano a una riforma del sistema pensionistico. Riforme che richiedono ulteriori sacrifici a una popolazione stanca e disillusa e che avrebbero bisogno quindi di un esecutivo forte, che non debba, soprattutto, tra pochi mesi affrontare l’esame delle urne.

Su tutto pesa il Patto di stabilità. La Croazia ha un rapporto debito di bilancio-Pil al 5,7% contro il 3% imposto da Maaastricht e un rapporto debito pubblico-Pil dell’85% contro il 60% “tollerato” dall’Ue. Zagabria, insomma, consuma troppo denaro e produce poca ricchezza.

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