Zagabria è già Occidente ma con l’anima balcanica

Era partito nel 1884 per gli Stati Uniti portando con se alcuni articoli, i disegni di una macchina volante, alcune sue poesie e 4 centesimi di dollaro. Tesla sembrava uno dei tanti emigranti e ha invece segnato la storia e la scienza legando il suo nome a una unità di misura (dell’induzione magnetica) e alla corrente alternata. La sua statua realizzata nel 1956 da un amico, Ivan Mestrovic, era stata sistemata nell’Istituto di scienze dove stava ad ammuffire e un mese fa, con una festa, è stata portata in centro, a due passi dalla piazza principale con il monumento di Josip Jelacic, in mezzo alla via dedicata a lui.


Le vetrine delle librerie si sono riempite dei libri che parlano della sua storia, a Smiljan dove è nato (due ore e mezza da Zara) è stato realizzato anche il primo parco scientifico croato e Nicola Tesla ora è il volto della «Nuova Croazia», il simbolo della riconciliazione tra serbi e croati, di una città e di un Paese che vuole dimenticare in fretta odi e nazionalismi. Non c’era altra scelta per una metropoli che, nonostante il 91,4% della popolazione croata, è composta da un mosaico di etnie: quasi 19 mila serbi (2,41%), seimila bosniaci (0,8%), circa quattromila albanesi (0,43%), tremila e duecento sloveni (0,41%), duemila rom (0,25%), mille e trecento macedoni (0,17%), mille e cento montenegrini (0,17%) e altre etnie minori.


Arriva fino a qui talvolta il vento che spira dal mare, giunge direttamente dalla Dalmazia portando l’odore di timo e lavanda che regna sulle isole brulle di fronte al mare, porta con se anche l’alito del nazionalismo che echeggia ancora dai pulpiti delle chiese, un nazionalismo che parla di amore per la propria terra, la Croazia, «donata al popolo per Grazia di Dio» e che bisogna proteggere e preservare. L’alito arriva, ma è ormai blando, purificato dal nuovo fervore per l’ingresso in Europa, lavato dalla multietnicità di una capitale che grazie alla sua multiculturalità vive in armonia e completamente integrata lingue, civiltà e religioni diverse. Basta fare un giro per accorgersene, dalla cattedrale cattolica alla chiesa serbo-ortodossa, sino alla moschea, moderna, che staglia il suo minareto nella parte Sud Est della città, in piena periferia a poca distanza dalla Sava.


Un’area solare, dove le visite sono ben accette e dove, inginocchiati all’interno sui tappeti, tra una preghiera e l’altra puoi scambiare qualche parola sulla storia del Profeta e sulle parole, i segni e i testi a lui dedicati. Ecco la Zagabria di oggi che dell’ex Jugoslavia di Tito conserva ormai solo gli edifici della parte nuova della città al di là del fiume (il quartiere di Nuova Zagabria), i famosi palazzoni in stile sovietico fatti in cemento armato in mezzo a viali interminabili e larghissimi, che sono ora tanto di moda tra i giovani anche perchè gli appartamenti sono molto più abbordabili da acquistare visto che i prezzi delle case in centro sono schizzati alle stelle con cifre (da 1800 sino a 2500 euro al metro quadro) che stanno raggiungendo lo standard delle città europee.


Trieste è a poche centinaia di chilometri di distanza, ma entrando nel centro di Zagabria, diventa sempre più lontana. Giri per le vie, le piazze, e in mezzo alla folla anche in pieno agosto, ai tanti turisti stranieri (quest’anno un vero boom soprattutto tra gli italiani), tra questi parchi e giardini colmi di fiori, con lo sferragliare continuo e piacevole dei tram (ce ne sono tantissimi dai più vecchi ai modernissimi con l’aria condizionata, 17 linee, si può tranquillamente girare la città lasciando l’auto in garage) che regnano sovrani in centro dove le automobili sono vietate, e ti sembra di essere non in «una» ma allo stesso tempo in tante capitali europee diverse. C’è un tratto di Austria in quei palazzi rimessi a nuovo, trovi l’effervescenza e la modernità della Svizzera nei servizi e nei collegamenti, ma ci sono anche i tratti romantici delle vie di Praga o Budapest che nell’immaginario rimandano ai quartieri raccontati nel romanzo dei Ragazzi della via Pal. Trieste è sempre viva nei pensieri dei zagabresi ma bisogna tornare indietro ai tempi dell’ex Jugoslavia, quando la città era vissuta come baluardo dell’Occidente dove si andava a fare acquisti e in tanti parlano della loro «prima volta» a Trieste a fare shopping.


Un gelato, gli acquisti di capi firmati. Ma ora è soltanto un ricordo pallidissimo di fronte alla ricchezza dei negozi, di moda o design (ma anche i normali supermercati) che ci sono a Zagabria, con marchi di lusso che ti riportano a una qualsiasi città o capitale occidentale. I segnali della crescita, anche se tumultuosa e non senza problemi, ci sono tutti per questa città che ogni anno appare più ricca e fiorente e a dirla lunga, oltre all’affacciarsi di multinazionali e imprese estere, è anche l’indice di disoccupazione che, in pochi anni, in Croazia è sceso dal 20 al 16%. Ma è passeggiando a lungo dentro Zagabria che ti accorgi dei frenetici cambiamenti in corso in una città trasformata un’immenso cantiere per rifarsi il look. Dal museo Mimara dove il fondatore discusso (per aver raccolto molte opere proprio durante le guerre) Ante Topic Mimara ha lasciato, donandole alla città, inestimabili raccolte d’arte, al Museo croato, la Galleria moderna, il museo etnografico, sino a quello, fondato di recente e che ha sollevato molte curiosità, degli «Amori perduti» fondato da Olinka Vistica e Drazen Grubisic che per cancellare nostalgia e amarezza delle coppie hanno proposto a tutti quelli che si sono lasciati di portare gli oggetti e i ricordi dei loro amori falliti.


La coppia così esorcizza, liberandosene, tutti i ricordi. I passi corrono veloci nel cuore della città, fino alla parte alta, quella più antica, con la passeggiata panoramica, per tornare poi alla parte viva e pulsante con il mercato del Dolac colmo di colori e sapori. Impossibile poi resistere e non fermarsi a mangiare qualcosa al grill da Rubelj, sulla terrazza sotto il Dolac per assaporare i gusti, le usanze ma anche le chiacchiere degli abitanti di Zagabria che si rinfrancano dopo una mattinata trascorsa tra negozi e mercato. Una città che sta vivendo un tumultuoso periodo di transizione con lo sguardo serioso europeo ma con un animo di spensieratezza balcanica che sta attirando un sacco di turisti. Tantissimi gli italiani che dopo aver trascorso le vacanze sulle coste o sulle isole fanno una puntata nella capitale. Sullo spiazzo davanti alla cattedrale di Santo Stefano c’è un gruppo di studentesse di Napoli, Sassari e Verona ospiti di uno stage alla facoltà di medicina di Fiume. Poco oltre nella città alta una famiglia di Perugia: «Una città bellissima, non ce l’aspettavamo così, è già europea, a metà tra Svizzera e Austria». La pensa così anche un gruppo di Reggio Emilia: stanno facendo il tour della Croazia in camper. C’è folla nei principali luoghi di visita ma anche nei ristoranti, passando vieni investito da zaffate di odori delle cucine che ti riportano sempre più lontano dall’Italia e da Trieste. Nonostante il nostro Paese resti sempre uno tra i miti per i croati. «Amo l’Italia, quando ho dei giorni liberi in genere vengo a Trieste per un buon caffè, un cappuccino o un gelato – confessa Tatiana Holjevac, vicesindaco di Zabgabria – nella nostra città ci sono molti studenti che imparano l’italiano assieme all’inglese. Lo troviamo normale e importante per l’istruzione, l’Italia è un nostro vicino.


Condividiamo le bellezze dell’Adriatico». Ingegnere elettronico, direttore da lungo tempo della compagnia di telefoni croata, poi nell’ufficio viennese della At&t, unica donna a ricoprire il posto di direttore generale in Europa di un’azienda di telefonia mobile. Per due anni poi assistente del ministro delle Telecomunicazioni e protagonista della stesura della nuova legge del settore. Tatiana Holjevac è uno tra i nuovi simboli della classe dirigente-politica della Croazia e di Zagabria (ha vinto con la sua lista 4 seggi su 51 nell’assemblea della città) e si prepara anche per le politiche. Ma non è l’Italia il modello: «Abbiamo molti problemi politici – racconta la Holjevac – la vostra esperienza è preziosa, alcune delle vostre soluzioni sono prese in esame, soprattutto quelle per il governo locale e l’organizzazione delle regioni». Riorganizzazione, informatizzazione, ma soprattutto «ascolto dei cittadini». Un contatto tra i politici e la gente che in Croazia è vissuto intensamente perchè sono le discussioni politiche quelle che tengono più banco tra i centinaia e centinaia di tavolini dei caffè che traboccano in centro a Zagabria, un puro retaggio balcanico di cui i zagabresi non farebbero mai a meno. «Io incontro i cittadini ogni settimana – aggiunge la vicesindaco – ho già parlato con 200 persone, alcuni dei loro problemi sono stati risolti e altri lo saranno. I cittadini hanno aspettato per anni di parlare con qualcuno del governo della città».


Un rapporto diretto quello tra i politici e la gente, lo sa bene anche il premier Ivo Sanader che ogni sabato mattina si siede a bere qualcosa al Caffè Servus, all’inizio della via Tkalciceva, una strada pedonale del centro che trabocca di ritrovi per i giovani, alcuni alternativi, dove si ritrovano studenti e intellettuali. Una giornata sacra il sabato, soprattutto la mattina per i cittadini di Zagabria che, come vuole la tradizione, mettono il vestito della festa e si dedicano allo shopping e all’incontro con gli amici al caffè dove stanno per ore a discutere e a parlare, dando la vera immagine di una città che con un piede vive già in Europa con lo sguardo ai diritti e ai doveri, ma che con l’altro non abbandona il senso e la piacevolezza, tutta balcanica, del «vivere e prendersela comoda».

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