Zagabria ci ripensa e salva le scuole italiane

Il governo fa retromarcia e annuncia il ritiro del decreto che stabiliva il numero minimo di sette alunni per classe

A questo punto si spera che il pericolo sia rientrato in maniera definitiva: il “focus” riguarda il numero minimo di sette alunni che sarebbe necessario per poter aprire o mantenere in vita una classe nelle scuole medie superiori italiane (il discorso si allarga comunque anche alle altre comunità nazionali). Misura che era contemplata dal famigerato decreto emesso dal ministero croato della Pubblica Istruzione, Scienza e Sport.

La situazione pare abbia avuto una positiva evoluzione: all'incontro di ieri, tenutosi a Zagabria con i sei deputati delle comunità nazionali, il ministro Vedran Mornar ha infatti innestato la marcia indietro. Come ha spiegato subito dopo la riunione il deputato italiano Furio Radin, a pesare in maniera determinante sulla decisione dell’esecutivo è stata la sentenza della Corte costituzionale croata del 1999 che in un contenzioso analogo aveva bocciato la soglia minima di alunni, nel rispetto della Legge costituzionale sui diritti delle minoranze.

Se alcune voci di corridoio rispondono a verità, avrebbe fatto sentire la sua voce anche il Quirinale, dopo aver conosciuto la notizia del pericolo incombente sulle scuole italiane in Croazia, scuole nelle quali Roma investe coaspicue risorse finanziarie. Come spiegato dallo stesso Radin, nell'attesa dell'abrogazione formale del decreto, atto per il quale occorreranno una decina di giorni, l’efficacia del provvedimento viene congelata.

Agli effetti pratici, nelle iscrizioni in corso che si chiuderanno il 14 luglio, alunni, genitori e docenti possono stare tranquilli poichè l'incubo è finito: si potranno aprire classi anche con un solo alunno. Se il ministro non avesse fatto dietro front, ci sarebbe stata un'ecatombe di classi o sezioni visto che numerose sono sotto il numero minimo. Qualcuno addirittura aveva tracciato un parallelo storico-politico con il secondo dopoguerra, quando il regime comunista aveva chiuso tante scuole italiane.

Radin non ha nascosto la sua grande soddisfazione per il felice esito della battaglia che lo ha visto, come logico, da subito impegnato. «Evidentemente - ha spiegato l’esponente della comunità italiana - non è stata indifferente la minaccia di noi deputati minoritari di revocare l'appoggio al governo qualora fosse rimasto in vigore il decreto». «Però - ha aggiunto Radin - non va sottovalutato il buon risultato ottenuto attraverso il rapporto instaurato con il nuovo ministro Mornar, a differenza di quanto era accaduto con il suo predecessore Zeljko Jovanovic (recentemente rimosso dal premier Zoran Milanovic, ndr), che era stato l’autore del decreto e che non voleva sentir parlare di leggi e diritti acquisiti dalle minoranze».

(p.r.)

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