Voto in Bosnia, scoppia il caso valanga di schede invalidate

Nulle oltre mezzo milione, il 6,6% del totale. La Commissione centrale: tutto ok. Ma l’Alto rappresentante: o la gente è analfabeta, oppure è successo qualcosa
epa07076646 A Bosnian woman casts her vote for the country's general elections in Sarajevo, Bosnia and Herzegovina, 07 October 2018. More than three million Bosnian citizens are expected to vote in the country's general elections. In the eighth elections in Bosnia, 72 political parties and 15 candidates for the three members of the Bosnian Presidency were registered. EPA/FEHIM DEMIR
epa07076646 A Bosnian woman casts her vote for the country's general elections in Sarajevo, Bosnia and Herzegovina, 07 October 2018. More than three million Bosnian citizens are expected to vote in the country's general elections. In the eighth elections in Bosnia, 72 political parties and 15 candidates for the three members of the Bosnian Presidency were registered. EPA/FEHIM DEMIR

BELGRADO Se il buongiorno si vede dal mattino, l’autunno della Bosnia-Erzergovina si prevede complicato. È lo scenario che si sta delineando dopo le elezioni generali di domenica scorsa, attorno alle quali divampano le polemiche. A tenere banco in particolare è il caso delle schede nulle, problema endemico che sta infiammando ancora una volta gli animi. A spoglio ancora in corso, sono oltre 500 mila le schede dichiarate non valide, più di 115 mila solo per le presidenziali, il 6,6% del totale.

Cosa nasconde, questo mare di schede non valide? Non hanno dubbi i partiti d’opposizione di entrambe le entità, che hanno suggerito l’esistenza di una mega-frode ai loro danni. Partiti come l’Sbb, nella Federazione, che ha suggerito che sia stata organizzata una enorme «truffa elettorale» da parte dei partiti al potere. «Centomila voti rubati», la stima del deputato dell’Sdp, Sasa Magazinović. Sulla stessa linea, il Pdp, in Republika Srpska. Accuse respinte dalla Commissione centrale bosniaca (Cik), che ha assicurato che tutto sarebbe «nei limiti dell'accettabile» ricordando che anche al voto del 2014 i voti non validi furono decine di migliaia.

Giustificazioni che non sono apparse del tutto credibili neppure al solitamente cauto Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, Valentin Inzko, che ha rammentato che «voti nulli si registrano ovunque, ma si parla dell’1-1,5%; qui si tocca il 7%». «O la gente è analfabeta, e non lo credo» oppure «è successo» qualcosa di «non facile da spiegare», ha dichiarato Inzko alla Tv N1.

Il problema esiste, non è collegato necessariamente a brogli ed è stato più volte denunciato, conferma il politologo Adnan Huskić. Problema che potrebbe «derivare dalla complessità» delle schede, dalla presenza di segni «invalidanti» o come manifestazione di un voto di protesta: impossibile saperlo. Ma è certo che la Cik è «indolente» nell’affrontare la questione, aspetto che lascia spazio anche alle accuse di «una frode elettorale deliberata» mosse in questi giorni. Serve trasparenza, altrimenti i sospetti, come in questi giorni, ci saranno sempre, suggerisce Huskić, ricordando però che le opposizioni si svegliano tardi, a sconfitta acclarata. È un «problema» sistemico «che dura da un decennio», sbagliato «dire che si tratti solo di queste».

Le polemiche non riguardano però solo i voti non validi. Contro Zeljko Komsić, neo-membro croato della presidenza tripartita, trionfatore sul nazionalista Dragan Covic, migliaia di persone sono scese in piazza a Mostar urlando «non è il mio presidente»: perché troppo moderato, in confronto a Covic. E perché votato, è il sospetto dell’onta, dai bosgnacchi per indebolire i croati. —


 

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