Voto in Austria, la fiera delle irregolarità

Spoglio iniziato prima del dovuto, scrutatori assenti, verbali “accomodati”: le testimonianze davanti ai giudici costituzionali
Alexander Van der Bellen e Norbert Hofer durante la campagna elettorale
Alexander Van der Bellen e Norbert Hofer durante la campagna elettorale

UDINE. Non ci sono stati brogli nelle elezioni presidenziali austriache che hanno visto prevalere per soli 30mila voti circa (su 4 milioni e mezzo) il verde Alexander Van der Bellen su Norbert Hofer, il candidato della Fpö. Ma sono state commesse molte, moltissime irregolarità formali, che tuttavia non dovrebbero aver influito sull'esito del voto. E, soprattutto, gli "addetti ai lavori" - dai dirigenti degli uffici elettorali all'ultimo scrutatore - hanno offerto un saggio di quella che in Austria si usa definire "Wurschtigkeit" e che potremmo tradurre in italiano con "menefreghismo". Menefreghismo per le regole, per gli orari, e nella messa a verbale delle operazioni svolte, vere o non vere che fossero.

 

Presidenziali in Austria, vince per 31mila voti il verde Van der Bellen
Alexander Van der Bellen, verde, nuovo presidente dell'Austria

 

È questo il quadro - quasi farsesco, più che allarmante - che emerge dopo 4 giorni di interrogatori davanti ai 14 giudici della Corte costituzionale, di funzionari degli uffici elettorali, presidenti di seggio, scrutatori scelti a campione nei vari Länder austriaci. In tutto sono state sentite 90 persone. Dalle loro parole l'immagine di efficienza e rigore dell'amministrazione austriaca esce fortemente compromessa.

Cos'è che non è andato come sarebbe dovuto andare? Innanzitutto il rispetto degli orari. Quasi ovunque lo spoglio delle oltre 700mila schede inviate per posta è incominciato già la domenica sera, anziché al lunedì mattina come prescrive la legge. In alcuni casi ci si è limitati ad aprire le buste e a separare i voti validi dai nulli, in altri sono stati effettuati anche i conteggi. Tutto questo anche se non tutti gli scrutatori erano presenti. Non per approfittare della loro assenza, ma perché alcuni avevano preferito andarsene a casa, fidandosi dei colleghi. Il giorno dopo nel verbale si attestava falsamente che lo spoglio era avvenuto nelle ore canoniche e il documento veniva stato sottoscritto da tutti, anche da chi non aveva partecipato all'operazione.

 

Presidenziali Austria, ricorso dell'Fpoe contro i risultati del ballottaggio
Norbert Hofer e Alexander Ban der Bellen

 

I giudici della Corte hanno chiesto le ragioni di un simile comportamento irrituale. Sorprendenti a volte le risposte: «Per finire prima e risparmiarci il lunedì», oppure «perché si è sempre fatto così». Tra i testimoni convocati anche il sindaco di Villach, Günther Albel, che ha dato una notizia sorprendente: nel suo Comune esiste dal 2013 una delibera che autorizza a scrutinare le schede in anticipo, perché i voti per posta sono così tanti che altrimenti non si riuscirebbe a concludere il lavoro in tempo. Un'osservazione fatta anche da altri: si doveva far presto, perché il «signor ministro» voleva annunciare i risultati già nel pomeriggio di lunedì. «Se avessimo rispettato tutte le regole - ha dichiarato il dirigente di Graz - avremmo impiegato 8 ore solo per aprire le buste». Chi in passato aveva seguito alla lettera la legge aveva concluso lo spoglio per ultimo e il suo seggio era stato sbeffeggiato su tutti i giornali per la lentezza.

Un aspetto interessante emerso dagli interrogatori è che in Austria le elezioni sono sempre andate così. Lo sapevano tutti e nessuno finora aveva avuto nulla da ridire. Questa volta lo ha fatto l'Fpö, solo perché il suo candidato ha perso. E lo ha fatto piuttosto cinicamente, perché prima ha consultato tutti i propri scrutatori, che hanno riferito della prassi irregolare seguita, e poi ha usato le loro dichiarazioni nel ricorso, ben sapendo che in tal modo li avrebbe messi nei guai (rischiano fino a 3 anni di reclusione per falso in atto pubblico).

Ora la Corte dovrà esaminare tutte le deposizioni raccolte, poi ascolterà ancora i rappresentanti dei due candidati e infine deciderà se invalidare le elezioni o rigettare il ricorso. Secondo l'ex presidente della Corte costituzionale Ludwig Adamovic è probabile che si torni a votare, non perché siano stati commessi brogli, ma perché «dei brogli si sarebbero potuti commettere».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo