Voto all’italiana, Bulgaria ingovernabile
BELGRADO. Alla fine la non-vittoria è arrivata. E Sofia, oltre che all’Atene delle proteste di piazza, potrebbe presto assomigliare alla Roma a lungo impantanata nelle vane trattative per la formazione di un governo del cambiamento tra il non-vincitore, Bersani, e i “grillini”. Sofia, dopo le elezioni parlamentari anticipate di domenica, è precipitata nel “worst case scenario”: lo scenario peggiore fatto d’instabilità e ingovernabilità. Uno scenario all’italiana. Come in Italia, lo spoglio dei voti ha certificato la risicata vittoria di quello che si è confermato essere il primo partito nel Paese, i Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (Gerb) dell’uomo forte di Sofia, l’ex premier di centrodestra Boiko Borisov.
Gerb ha conquistato l’oro con il 30,7% dei voti, -9% rispetto alle elezioni del 2009, in una tornata elettorale segnata da tensione e odore di brogli, con le rinnovate proteste degli arrabbiati bulgari, scesi in piazza alla chiusura delle urne al grido di «mafiosi» all’indirizzo dei politici locali. È solo una vittoria di Pirro, però, quella dell’ex guardia del corpo del deposto tiranno bulgaro, Todor Zhivkov, costretto alle dimissioni dalle manifestazioni di piazza di febbraio, rivolte contro il governo, la corruzione diffusa e il carovita. Borisov ha superato di quasi quattro punti il Partito socialista (27,6%), ma il suo Gerb si è fermato lontanissimo dalla soglia del 43% necessaria a conquistare la maggioranza in Parlamento. I socialisti, che scontano ancora l’immagine di eredi del regime comunista, sono invece cresciuti del 10% rispetto al 2009, ma non abbastanza da superare Borisov. Al terzo posto, con il 10,5% dei voti, il Movimento per i diritti e le libertà (Dps), partito che raccoglie il favore della folta minoranza turca che vive in Bulgaria. Non lontana dal podio, l’estrema destra di Ataka, che ha conquistato il 7,4%.
Ma cosa succederà ora a Sofia? Unica certezza, nessuno dei tre partiti che, oltre a Gerb, hanno superato la soglia di sbarramento del 4%, ha espresso alcun desiderio di aiutare il “paria” Borisov a formare il governo. «Il potere non è il nostro fine e non sarebbe drammatico finire all’opposizione», ha messo le mani avanti l’ex ministro dei Trasporti Ivaylo Moskovski, fedelissimo dell’ex premier, riconoscendo così l’evidenza dell’isolamento completo in cui è piombato Borisov. L’ultima magra speranza del leader di centrodestra, l’alleanza con gli ultranazionalisti xenofobi di Ataka, è svanita miseramente ieri mattina. Ataka, che ha recuperato consensi negli ultimi mesi giocando la carta del nazionalismo come via d’uscita da crisi e povertà e delle nazionalizzazioni contro il «dominio coloniale» delle imprese straniere, non ha infatti voluto nemmeno prendere in considerazione gli abboccamenti di Gerb e Borisov. «Non vedo alcuna possibilità di formare un governo», ha confermato ieri mattina il leader di Ataka, Volen Siderov, facendo lievitare le chance di nuove elezioni in caso di completo stallo. Stallo che potrebbe essere scongiurato, ma è ancora un’ipotesi remota, in caso di coalizione tra socialisti, partito della minoranza turca e qualche “volenteroso” deputato. Comunque vada, Borisov «è fuori dai giochi», l’unica soluzione è un «governo di salvezza nazionale», ha assicurato il leader dei socialisti, Sergey Stanishev. Un governo di tecnocrati retto magari dall’ex ministro delle Finanze, Plamen Oresharski. Oresharski, ultimo tocco a uno scenario italiano in Bulgaria, il cui nome era già stato avanzato dai socialisti come possibile premier in caso di loro vittoria e che sta circolando con insistenza nelle ultime ore. Economista, 53 anni, ministro dal 2005 al 2009, «uomo competente, preparato e rispettabile», il recente endorsement del presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, a Oresharski, quotato per diventare il Mario Monti bulgaro.
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