Volcic: «I luoghi storici non sempre funzionano»

Vittorio Sgarbi: «Ci vedrei il monumento di un grande artista boemo come è Ivan Theimer». Adriano Ossola: «Una rimozione in termini culturali»
Di Stefano Bizzi
Bumbaca Gorizia 31.10.2014 Libro 18e03 con Paolo Possamai e Demetrio Volcic Fotografia di RobyMarega
Bumbaca Gorizia 31.10.2014 Libro 18e03 con Paolo Possamai e Demetrio Volcic Fotografia di RobyMarega

Demetrio Volcic dice che i luoghi simbolici non funzionano. Al contrario, Vittorio Sgarbi dice che, per rendere più visibile il confine, la Transalpina avrebbe bisogno di un obelisco dello scultore ceco Ivan Theimer e di un ristorante stellato. I loro sono pensieri diametralmente opposti intorno a cui possono inserirsi innumerevoli visioni del mondo. «I luoghi simbolici – precisa Volcic – in alcune situazioni funzionano: in Francia quelli della Seconda guerra mondiale attirano costantemente il turismo. Ma bisogna dire che i francesi hanno vinto due guerre mondiali e hanno un nazionalismo che è superiore a quello degli italianissimi o degli slovenissimi. Nelle situazioni più confuse della storia, i luoghi simbolici non funzionano; e tutto quello che accade da queste parti, è un po’ confuso».

Frequente ospite di Gorizia, Vittorio Sgarbi può guardare la città con cognizione di causa, ma anche con l’occhio esterno del critico d’arte. «Il monumento di un grande artista nato in Boemia come è Ivan Theimer, più che un richiamo architettonico del paesaggio, sarebbe un punto da visitare. Penso ad un obelisco che richiami la fine delle lotte, un monumento senza confine. È molto evocativo e potrebbe essere singolare che sia concepito da due Stati». Sulla collocazione dell’opera, non entra nel merito, ma per rilanciare il piazzale della Transalpina Sgarbi va oltre. «Ci vorrebbe anche un punto di ritrovo: un grande ristorante con chef stellato, come un Bottura o un Vissani. Il ristorante sul confine è un richiamo evocativo».

Igor Komel, direttore del Kulturni dom, ricorda i sei grandi concerti sul confine organizzati tra il 2004 e il 2009. «Quello è l’unico punto di Gorizia da valorizzare perché ha qualcosa di particolare che nessun’altro ha e, infatti, quei concerti hanno portato, in media, 5mila spettatori e servizi sulle televisioni nazionali», ricorda Komel che ha cominciato ad accarezzare il progetto a partire dal 1998. «Vedo una piazza da sfruttare. Gorizia tende a chiudersi nel proprio centro, ma lo stesso vale per Nova Gorica. Le due città però devono andare avanti insieme perché, nelle rispettive realtà, non hanno grande peso».

Chi invece invita a non mitizzare il luogo è Adriano Ossola. Il patron di èStoria ne riconosce il valore simbolico, ma considera il piazzale della Transalpina decentrato rispetto alle due città. «Siamo passati da una massima valorizzazione durante la giunta di centrosinistra di dieci anni fa, a un disconoscimento e a una rimozione in termini culturali. Forse nel mezzo c’è il giusto. Di certo, però, non possiamo farla diventare all’improvviso un luogo allegro, perché non lo è». «Piazza Europa, o Piazza Transalpina, è il simbolo del territorio di confine di entrambe le Gorizie – sottolinea, infine, Anja Medved, co-regista con Nadja Veluscek dei documentari “Il mio confine”, “La città sul prato” e “Il tempo del fiume” -. Il fatto che la piazza abbia due nomi non significa incompatibilità. Può essere soltanto un segnale di coesistenza».

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