Vitalizi agli ex consiglieri, il ricalcolo è un flop: assegni tagliati solo per 6 su 141

TRIESTE. Quello a cui è andata peggio è Antonio Tripani, classe 1925, esponente degli anni d’oro di Gorizia e della Dc locale. In un sol colpo ha visto sfumare 1.240 euro lordi al mese. Un taglio secco di quasi il 20% rispetto all’assegno precedente. Una delle rare sforbiciate, a dire il vero. Perché il ricalcolo con il metodo contributivo del vitalizio ha fatto ben poche vittime.
Tra i consiglieri ancora in vita se ne contano 6 su 141 ex. Mentre sono 27 su 51 i tagli per gli eredi, per un totale di 33 su 192 assegni erogati, uno su sei. Per tutti gli altri la legge regionale 8 del 2019, quella che ha rideterminato gli importi delle pensioni pubbliche in Friuli Venezia Giulia, non ha determinato la perdita di un solo centesimo su un capitolo complessivo che costerà al Consiglio regionale nel 2020 circa 7,6 milioni di euro.
Sul sito dell’assemblea, nella sezione trasparenza, è stato pubblicato in settimana l’elenco dei consiglieri regionali e il loro “nuovo” vitalizio, quello appunto rideterminato con la 8, la norma che, come accaduto nelle altre Regioni, è servita a ricalcolare l’ammontare con il metodo contributivo, considerando il politico come un cittadino qualsiasi (ma le indennità erano alte e, di conseguenza, lo sono le pensioni). Bisogna andare indietro negli anni per trovare i pochissimi penalizzati.
Tripani è un ex inquilino di Palazzo che percepiva l’importo più alto: 6.437 euro lordi, ridotti dal luglio scorso a 5.197. Siamo dunque a cifre comunque molto superiori alla media. Un po’ più sotto si collocano i tagli a Rino Bianchini, che perde 871 euro ma rimane sopra i 4 mila euro, a Otello Bosari, che conta 847 euro in meno, a Luigi De Biasio (-729 euro), Bruno Chinellato (-533) e Gian Silverio Giacometti (-261). Si va dal 13,5% in meno per Chinellato al 19,3% per Tripani. Riduzioni non trascurabili, ma contenute dalle clausole di salvaguardia previste in legge che hanno evitato tagli ancora più pesanti.
A ricostruire il loro curriculum si scopre che si tratta di ex consiglieri di lunga data. La maggior parte ha centrato l’elezione già alla prima legislatura, iniziata nel 1964 e conclusa nel 1968. Si tratta di Bianchini, De Biasio e Tripani della Dc, di Bosari del Pci e di Giacometti del Psi. Per Chinellato (Dc) bisogna invece andare alla terza legislatura (1973-78).
Viste le regole di allora, quando il vitalizio non era ancora stato normato e non erano ancora previste le trattenute tra il 19 e il 23% dell’indennità, somme accantonate per costruire la pensione pubblica di decine di ex consiglieri, il ricalcolo contributivo è stato penalizzante. E lo è pure per gli eredi di altri 27 consiglieri degli anni Sessanta e Settanta deceduti. I tagli sono di qualche centinaio di euro (si arriva al massimo al –21%), su importi peraltro più bassi dato che ai familiari spetta il 60% dell’assegno che percepiva l’eletto.
La novità legislativa, che l’Ufficio di presidenza ha concretizzato con una serie di delibere approvate nella seconda metà del 2019, non ha però modificato la stragrande maggioranza delle situazioni. Nel sito del Consiglio risultano così cifre fotocopia rispetto al passato, con gli assegni più alti, 6.437 euro, per Roberto Antonaz, Gianfranco Moretton e Giancarlo Casula, con i primi due che cumulano il vitalizio da consigliere e quello da assessore, davanti a Giancarlo Cruder (6.320 euro) e Ferruccio Saro (6.202).
Vari altri ex, da Lodovico Sonego a Giorgio Baiutti, da Sergio Dressi a Franco Brussa, da Roberto De Gioia a Bruno Longo, e pure Paolo Braida, Isidoro Gottardo, Antonio Martini, Roberto Molinaro, Dario Rinaldi, Adriano Ritossa, Alessandro Tesini, Renzo Travanut e Bruno Zvech viaggiano tra i 5.700 e i 5.900 euro. Tanti soldi, ma sarebbero stati pure di più se la legge 8 non avesse previsto all’articolo 2 – dove si precisa che «a decorrere dall’1 luglio 2019 la misura degli assegni vitalizi e delle relative quote agli aventi diritto, previsti e disciplinati dalle Lr 38/1995 e 13/2003, è rideterminata secondo il metodo di calcolo contributivo» – che la rideterminazione non può in nessun caso superare l’importo ricevuto in precedenza.
Sarebbe successo per quasi tutti, con il caso limite di Antonaz, si legge nella delibera dell’Ufficio di presidenza, il cui vitalizio con il metodo contributivo senza i paletti scritti nell’articolato, sarebbe diventato di 10.418 euro (+115%). Calcoli che sono conseguenza del fatto che le aliquote applicate ai consiglieri erano particolarmente alte, ma su un’indennità altrettanto elevata, sopra i 10 mila euro mensili. La sintesi è che il ricalcolo contributivo non ha cambiato alcunché per chi si è conquistato il Consiglio a suon di preferenze dagli anni Novanta all’abrogazione del vitalizio decisa in era Serracchiani.
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