Visita del duce a Gorizia, spuntano carte inedite

Gorizia non fu mai così fastosa, scenografica, imperiale. Il 20 settembre del 1938 accolse il duce trasformata con i simboli dell’italianità: viali colonnati con scritte dux, aquile dorate, archi di trionfo decorati con fasci littori, tribune, piazze e vie gremite di folla, imbandierata e illuminata.
Lucia Panzera, giovane laureata in architettura e prossima alla specializzazione nella sede cittadina dell’ateneo triestino ha scoperto inediti documenti e disegni “locali” sulla giornata memorabile, conservati all’Archivio di Stato. Tessere di un grande puzzle fino ad oggi mai ricomposto, riaffiorati mentre preparava la tesi sul mai realizzato monumento di Max Fabiani dedicato alla Terza Armata, del quale ha scoperto i bozzetti originali.
Il percorso: il corteo entrò in città dal ponte IX agosto, oggi VII agosto, imboccò corso Italia, già Vittorio Emanuele, proseguì per corso Verdi, vie Crispi e Roma giungendo in piazza della Vittoria, dove tenne il discorso. Quindi si recò, nel ventennale della Grande guerra a palazzo Attems, sede del museo della Redenzione. Qui Max Fabiani gli mostrò il suo progetto. Attraverso via Rastello e viale D’Annunzio, inaugurato nell’occasione, raggiunse il castello. Quindi scese alle fonderie e alla centrale idroelettrica di Piedimonte e, arrivato in via Corridoni, oggi viale Colombo, inaugurò 3 case popolari impegnandosi a finanziarne una quarta. Ritornando lungo viale XX Settembre visitò il Trgovski dom, sempre accompagnato da Fabiani. Dopo il pranzo in prefettura e l’inaugurazione del sacrario di Oslavia benedetto dal vescovo Margotti, partì per Tolmino.
Gorizia imperiale nell’effimero. In corso Italia e via Roma fu creato un affetto “fori imperiali romani” collocando 36 pilastri. In apparenza granitiche le colonne erano in legno rivestito da eraclit, sostanza sintetica simil marmo. Erano sormontate da imponenti aquile dorate in gesso e decorate con scritte inneggianti al regime. Da Bolzano arrivarono duemila bandiere in prestito mentre il Comune ne comprò 500.
Piazza della Vittoria: qui il duce parlò alla folla, disposta con rigore geometrico, dal palco allestito davanti alla prefettura. Di fronte, in diagonale alla chiesa di Sant’Ignazio, la tribuna che simulava l’ingombro del monumento pensato da Fabiani per dare alla piazza una forma regolare, italica, approfittando della demolizione della caserma Vittorio, ora Inps. Sulla tribuna furono schierate le massaie rurali mentre le autorità presenti erano il podestà Valentino Pascoli e il prefetto Vezio Drazzi.
Tutti mobilitati: la Camera di commercio diffuse precise indicazioni ai commercianti: tutte le vetrine dovevano essere accese e imbandierate. Commessi e pubblici funzionari iscritti alla Gil – Gioventù italiana del littorio - e al partito fascista dovevano indossare uniformi nuove, ai cji era senza soldi veniva concesso un prestito da restituire in 20 mesi, alcuni finirono di pagare a guerra iniziata.
Nella sua ricerca Lucia Panzera ha rintracciato i quaderni con gli schizzi degli allestimenti per la giornata, gli orari e i movimenti delle persone che, con tempi strettissimi, dovevano spostarsi lungo il tragitto del corteo. Tutti erano disposti sempre e solo sul lato destro: davanti le donne e i bambini, dietro gli uomini. Un rigore e una precisione che per la ricercatrice sono frutto di una regia generale; resta da scoprire da chi gestita.
Margherita Reguitti
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