Virus, la perdita di gusto e olfatto resta un mistero

Non si è ancora capito come faccia l'infezione a causare un danno al sistema sensoriale. Ma quando si guarisce, poi in genere tutto torna normale nel giro di quache mese
A worker at the Municipal Pantheon poses for a picture before the burial of an alleged COVID-19 coronavirus victim, in the municipality of Antiguo Cuscatlan, El Salvador, on June 22, 2020. (Photo by MARVIN RECINOS / AFP)
A worker at the Municipal Pantheon poses for a picture before the burial of an alleged COVID-19 coronavirus victim, in the municipality of Antiguo Cuscatlan, El Salvador, on June 22, 2020. (Photo by MARVIN RECINOS / AFP)

Chi prima, chi dopo ma sono davvero tanti tra quelli che si infettano con Covid-19 che perdono i sensi di gusto e olfatto: secondo le diverse statistiche internazionali dal 30 a oltre il 70%. E in oltre il 10% dei casi questo è il primo sintomo con cui esordisce la malattia. Se ne era accorta per prima una app di sorveglianza sanitaria nel Regno Unito, che già a marzo aveva osservato che gli oltre 3,5 milioni di utilizzatori indicavano perdita di gusto e olfatto come uno dei sintomi più frequenti, insieme a tosse e febbre, tanto da convincere l’Organizzazione Mondiale della Sanità a includere questo sintomo tra i criteri diagnostici della malattia.

Come faccia il virus a causare un danno nel sistema sensoriale rimane però tuttora un mistero. Nell’uomo, gusto e olfatto sono strettamente correlati, tanto che noi scambiamo per sapore dei cibi quello che in realtà annusiamo nelle cavità del naso. Nel caso del coronavirus, la situazione strana è che l’olfatto (e quindi il gusto) vengono persi anche in assenza di grande interessamento delle alte vie respiratorie, quindi senza che sia il muco denso responsabile del sintomo, come avviene ad esempio per il comune raffreddore.

Le cellule che “sentono” gli odori stanno tra quelle che tappezzano il rivestimento interno nella cavità alta del naso; sono dei veri e propri neuroni che poi proiettano le proprie estensioni dentro la scatola cranica. All’inizio si era pensato che il virus potesse infettare questi neuroni direttamente, e magari poi arrivare al cervello. Ma ora l’analisi di molte decine di autopsie indica che non è così: il cervello non risulta infettabile direttamente dal virus, e i sintomi neurologici che qualche volta accompagnano la malattia sono indiretti e probabilmente dovuti alla scarsa ossigenazione. Secondo le ultime evidenze, invece, il virus sarebbe presente all’interno di un tipo di cellule specializzate che forniscono supporto e nutrimento ai neuroni della mucosa olfattoria nel naso. I neuroni, quindi, soffrirebbero di conseguenza. Queste cellule esprimono un recettore, che si chiama neuropilina, che due articoli recenti pubblicati su Science indicano come un co-recettore che facilita l’ingresso del virus nelle cellule.

Cosa succede del gusto e dell’olfatto quando le persone guariscono dalla malattia? Qui la notizia è buona: sia le cellule di sostegno infettate dal virus sia i neuroni dell’olfatto stessi sono capaci di riformarsi durante la vita a partire da cellule staminali specializzate, a differenza delle altre regioni del cervello. Prova di questo è che almeno il 50% degli individui guariti dal coronavirus riacquista gusto e olfatto già a distanza di pochi mesi dall’infezione. –

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo