Virus A, ambulatori strapieni e pediatri sotto assedio

Ma nessun caso al Burlo. I sanitari: non andate al Pronto soccorso, chiamate il medico di famiglia
Gli ambulatori dei medici di famiglia sono pieni, strapieni, come in ogni altra parte d’Italia, perché i cittadini temono l’influenza A, quella nuova, quella pandemica. I pediatri sono assaltati dalle telefonate delle mamme, e qui diranno sia come invece non è il caso di allarmarsi, e sia che cosa fare. Il reparto di Malattie infettive dell’ospedale Maggiore è il luogo deputato a verificare i casi che presentano qualche complicazione: soprattutto difficoltà di respiro. Nella quasi totalità delle circostanze questi pazienti dopo il controllo vengono rimandati a casa.


La raccomandazione dei medici, al di là dell’immancabile timore suscitato dai casi di decesso fin qui avvenuti che ai sanitari risultano «per certo non ascrivibili all’influenza Ah1n1, ma a situazioni precedenti», è di rivolgersi sempre al medico di famiglia, il quale saprà come valutare lo stato di salute. Meglio non andare di propria iniziativa al Pronto soccorso, dove al contrario la persona con virus (e come vedremo ne girano adesso almeno tre) potrebbe solo diffondere il contagio, senza beneficio per se stesso.


Intanto migliorano le condizioni della giovane donna vietnamita ricoverata proprio al reparto di Malattie infettive domenica sera. In compenso il fidanzato, che era stato messo in isolamento a casa, è entrato in ospedale egli pure. Ha le stesse complicazioni polmonari, ma la situazione non è grave, assicura il direttore del reparto, Roberto Luzzatti. «I medici di famiglia - afferma - sono perfettamente in grado, così come la Guardia medica in loro assenza, di diagnosticare qualche complicazione polmonare, in questo caso i pazienti vengono mandati direttamente a Malattie infettive, è una cosa normale».


I pediatri hanno i telefoni che scottano, ma si dicono certi che tutti i bambini morti in quest’ultimo periodo avevano problemi diversi. «Non sono morti di influenza». Salvatore Alberico, il direttore di Ostetricia del Burlo Garofolo, dopo che il primario del Pronto soccorso Gianni Messi aveva invitato a esercitare un filtro maggiore per non riempire senza motivo l’Emergenza pediatrica, invita le donne in gravidanza che avessero già contratto il virus a non farsi ricoverare al Burlo. «È una malattia di tipo internistico - dice Alberico prima di dettare tutto ciò che una donna in attesa deve sapere -, e quindi di pertinenza di un ospedale per adulti, in secondo luogo venendo al Burlo quella donna rischierebbe di infettare dei bimbi».


Nessun caso pediatrico di Ah1n1 è stato accertato al Burlo Garofolo, nessuna donna in stato interessante ha manifestato sintomi. E per quanto riguarda gli adulti il medico di famiglia Dino Trento, segretario della Fimmg, il sindacato della categoria, avverte: «Ci sono anche a Trieste in questo momento almeno tre ceppi d’influenza, quella stagionale per cui abbiamo iniziato le vaccinazioni, quella A che ormai è arrivata, e una terza che porta disturbi gastrointestinali, con vomito e diarrea oltre a febbre. La A si potrebbe circoscrivere a casi con tre giorni di febbre anche a 39,5 gradi, sintomi di astenia e ”ossa rotte”, pochissimi sono i problemi bronchiali che abbiamo individuato».

L’Azienda ospedaliera non registra ricoveri in aumento. «È tutto normale per adesso» assicura il direttore sanitario Luca Lattuada. E Mauro Stradi, il rappresentante della Fimp, il sindacato dei pediatri, manda innanzitutto un messaggio di base alle mamme: «Questo virus ha un forte potere di diffusione, ma è ”soft”, la bimba della Campania morta per miocardite aveva la miocardite, ma non sono i virus a scatenarla».

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