Vino e polemiche. «La promozione del Friulano è stata un’occasione persa»

Ermacora, presidente di Coldiretti e vignaiolo apprezzato, critica le strategie: «Le risorse a disposizione erano ingenti ma sono servite davvero a poco»

TRIESTE. «La promozione del Friulano? Un’occasione persa con strategie sbagliate». Dario Ermacora è il presidente di Coldiretti regionale ma anche un vignaiolo che allo stand di Vinitaly, con la sua azienda, incassa i complimenti per la qualità di un prodotto che non riesce a esplodere sul mercato.

Nemmeno con 10 milioni di euro pubblici a disposizione: «C’erano ingenti risorse ma sono servite a poco». I numeri, come ha rilevato nei giorni scorsi Giulio Colomba, sono impietosi.

Ermacora, è già crisi per il Friulano?

La vera sofferenza, emerge dal mondo della cooperazione, è per la produzione di minor qualità. Le due zone storiche del Collio e dei Colli Orientali riescono a tenere, ma non erano i riscontri che ci aspettavamo.

Il nome sbagliato?

No, quello no. Friulano è un aggettivo troppo lungo per il marketing ma che bene identifica il territorio di provenienza.

Nell’intervista al “Piccolo” Colomba sostiene che si doveva mirare ai mercati mondiali.

Sarebbe bastato rimanere in Europa. E chiedere ai vignaioli il loro punto di vista sui mercati di riferimento.

Lei che cosa avrebbe risposto?

Austria, Germania, Svizzera, Inghilterra.

La Regione però a Londra e Vienna ci va.

Non basta farlo a spot. Ci si deve andare due o tre volte all’anno e per più anni. Degustazioni, verticali, inviti alla stampa, articoli: questo è mancato. Il Friulano piace agli operatori ma, dato che a decidere è il consumatore finale, non si è fatto abbastanza per veicolare promozione e comunicazione nei Paesi strategici, lì dove, a parità di sforzo, si sarebbero raccolti maggiori risultati.

Finiti i fondi, si aguzzerà l’ingegno?

L’ingegno è utile, ma i soldi contavano di più. L’occasione è volata via.

Colpa solo della politica o anche dei produttori?

In questo caso era la politica ad avere i cordoni della borsa. Le risorse c’erano, non si può dire altrettanto della strategia.

Ma davvero i Consorzi non avrebbero potuto fare di più?

I Consorzi si muovono, ma con scarsi mezzi. Difficile dare colpe se non sul fronte del fare squadra.

Pensa al Collio-Carso che nicchia sulla Doc Friuli e si tiene fuori dal Consorzio dei Consorzi?

Si deve fare squadra indipendentemente dall’esistenza di un superconsorzio ma è certamente sbagliato andare da soli. Una Doc di base non sostituisce quelle attuali e non impedisce di esaltare le punte di diamante. E’ solo uno strumento in più da usare sul mercato, un mercato globale che non fa sconti. Con l’individualismo non si va da nessuna parte.

Ancora Colomba, sostiene che in regione c’è, in particolare sui rossi, una politica di prezzi sbagliata.

Non sono d’accordo. Non possiamo pensare di vendere con un prezzo concorrenziale a Cile, Argentina, Australia. Dobbiamo invece valorizzare il territorio e la qualità del nostro vino, come insegna la Francia. O, in un altro settore, la Germania: in tempi di crisi, le auto tedesche sono più costose ma più vendute.

Eppure l’Italia è saldamente prima nell’export mondiale con il 22% delle quote e oltre 24 milioni di ettolitri venduti.

Numeri gonfiati dalla fascia bassa. Non è il caso del Friuli Venezia Giulia che deve puntare sul terroir.

Il Friulano paga anche il boom del Prosecco?

I vivai di Rauscedo hanno prenotazioni per 14 milioni di barbatelle di Glera e ci sono 3.500 ettari a disposizione per il Prosecco: cifre che indicando un trend che può diventare un’opportunità, in particolare per le zone di pianura. Altra cosa sono Carso, Collio e Colli Orientali, dove si dovrà evitare di perdere un patrimonio storico a favore del Prosecco, moda che oggi premia ma non può cambiare la tradizione.

Come è successo per esempio con la barrique? E’ vero. Condizionati dai giudizi delle guide che premiavano solo vini barricati, si è persa identità. Per fortuna stiamo tornando indietro, è l’inizio di un riscatto del vino del territorio. L’Alto Adige insegna: il legno si deve appena percepire.

L’insegnamento di Vinitaly?

È una bella edizione, superiore alle aspettative. Anche per effetto della demonizzazione dell’alcol e della crisi economica che segna i consumi, la tendenza del mercato sembra indicare il passaggio da vini strutturati e alcolici a prodotti meno impegnativi ma eleganti e altrettanto importanti.

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