Vinitaly svela l’edizione record tra Brexit, effetto Trump e Cina
VERONA. La Cina è vicina. E meno male, perché la sensazione è che il colosso orientale possa offrire al comparto italiano dei vini quelle quote di mercato attualmente sub judice, in mezzo al guado della Brexit e dei suoi eventuali dazi futuri ma anche dei malpancismi di Trump. L’edizione 2017 di Vinitaly, ciononostante, parte all’insegna dell’ottimismo. E dei grandi numeri, con 4.272 espositori (+3,3%) nella 51/a edizione. Un record, che allo zoccolo duro degli operatori italiani, 4.049, contrappone espositori esteri in crescita (223).
L’ ottimismo è frizzante, se è vero che le bollicine sembra non debbano mai smettere di scoppiare mentre dalle terre del Prosecco arriva l’ennesimo bollettino a più zeri.
Primi mesi col segno più per il mercato del Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore Docg. Secondo i primi rilevamenti del consorzio di tutela, dopo un 2016 in crescita anche questo inizio del 2017 registra incrementi di vendite del 10% sia in Italia sia all'estero. Di più: la vendemmia 2016 si è rivelata, secondo gli agronomi e i tecnici della Docg trevigiana, una delle migliori degli ultimi anni. E adesso i 15 Comuni che fanno parte del comprensorio (178 le case di spumanti, per una produzione intorno ai 68 milioni di bottiglie) confidano nella candidatura Unesco per incrementare l'appeal di quest’area collinare, inserita tra i 22 paesaggi del vino più affascinanti al mondo, da parte della Cité du vin di Bordeaux. Prosecco, quella vera che ha dato il nome, non pervenuta, al momento.
Ma la preoccupazione, anche e soprattutto dei vinificatori regionali, è di capire come andrà a finire la partita con l’ex perfida Albione e con l’export in generale. «Non nascondo che un po’ di preoccupazione c’è - afferma Marco Fantinel, dell’omonima azienda che ha superato ormai i 5 milioni di bottiglie in totale -, anche perché nel nostro caso la Gran Bretagna è un mercato importantissimo, al primo posto come destinazione estera, visto che da sola copre il 40 per cento delle nostre esportazioni. Per capirsi, esportiamo là qualcosa come un milione e 500mila bottiglie. Resto comunque ottimista: l’Inghilterra ha bisogno dell’Europa come l’Europa ha bisogno dell’Inghilterra, un qualche accordo si troverà».
Più cauto Francesco Zonin, che in Friuli Venezia Giulia possiede un’azienda modello come Ca’ Bolani. «La Brexit, politicamente ed economicamente, rimane ancora un punto di domanda. Certo è più facile che un’eventuale tassa doganale vada a colpire in maniera maggiore i grandi esportatori invece che quelli, per dire, del Barolo. Vero è anche che al momento esistono tasse doganali fisse. Grandi consumatori di champagne, gli inglesi tassano l’import a cassa. Per questo i francesi hanno introdotto le casse da 12 bottiglie e non da sei». Che si tenga d’occhio in particolar modo l’export, del resto, lo conferma lo stesso bilancio della Zonin, che ufficializza una crescita da 186,2 a 193,3 milioni di euro del fatturato, e una crescita del 3,7% dei ricavi, realizzati, appunto, all'estero per l'86%.
In casa Collavini, dove la Ribolla spumantizzata cresce anno dopo anno, quello dell’export e degli eventuali «blocchi viene considerato ancora un discorso articolato e un po’ prematuro», e sulla stessa linea viaggiano alla Monterossa, dove «si guarda più verso il Giappone e la Germania».
E la Cina? Vicinissima, praticamente in casa. Ampie delegazioni si sono spinte fino a Verona e un numero più che discreto si aggirava ieri tra le strutture in legno del padiglione del Fvg. Interessatissimi e preparatissimi. Hanno assaggiato tutto e di tutto palesando una competenza inaspettata e confermando la crescita anche “culturale” , enogastronomicamente parlando, di quel Paese. Al punto da far scappare di bocca a Fantinel un accordo che potrebbe aprire la strada ad ulteriori sbarchi. «Abbiamo siglato una collaborazione con una catena di 6mila negozi. Una cosa innovativa, se si calcola che vendono merce online in 500 città cinesi garantendo di poterla far recapitare entro 19 minuti! Anche le nostre bottiglie si capisce… ».
Sul piano ufficiale, infine, si registra l’irrefrenabile appetito del governatore del Veneto Luca Zaia. Quello delle barbatelle piantate a Prosecco, do you remember? Bene, lo stesso Zaia ieri, all’inaugurazione, spinto da irrefrenabile entusiasmo, ha chiesto al ministro Martina di candidare anche la Valpolicella nella liste dei patrimoni mondiali. «Dopo le Langhe e le Colline di Conegliano e Valdobbiadene, è giunto il momento di pensare a candidare anche le colline veronesi. I territori del vino sono un grande biglietto da visita del nostro Paese». Chissa perché, qualcosa ci dice che rischia di farcela…
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