Villaggio del Fanciullo, appello per la statua
TRIESTE. «È un dolce ricordo dell’amore che legò fra loro i miei nonni, Gaetano e Jolanda, e non vorrei che andasse smarrita o collocata in luoghi che nulla hanno a che vedere con lei». Arriva da Padova l’accorato appello di Elisabetta Gardo, nipote di quel Gaetano Gardo, figura storica della Dc triestina del dopoguerra, che riguarda la statua dedicata alla Madonna, ospitata nel giardino del Villaggio del Fanciullo, la struttura fondata nell’immediato dopoguerra da don Mario Shirza e inaugurata nel 1949 per accogliere i ragazzi disadattati, profughi e orfani di guerra. Un appello che non ha però riscontrato unanime condivisione nella struttura di Opicina, dove forse è stato interpretato come un’invasione di campo.
La storia della statua, opera di Ruggero Rovan, artista triestino nato nel 1877, la cui attività si articolò fin oltre la prima metà del Novecento e di cui si trovano molte testimonianze scultoree al museo Revoltella, vive su un intreccio fra intensi affetti coniugali e il rispetto di alti principi morali.
«Tutto nasce dal profondo amore di mio nonno Gaetano per la moglie Jolanda – racconta con emozione Elisabetta – scomparsa negli anni ’40. In quel frangente, nonno Gaetano, per onorare nel migliore dei modi colei che era stata la sua compagna di vita, decise di affidare allo scultore Ruggero Rovan, che conosceva, la realizzazione di una statua della Madonna, con l’intento di collocarla al centro del giardino della villa di via Bellosguardo, in perenne ricordo della moglie scomparsa. L’artista completò l’opera nei tempi previsti e la statua fu collocata nella sede prescelta. Le vicende della vita però seguono spesso una traccia che noi non possiamo controllare e fu così che, negli anni ’50, a causa di un trasferimento dovuto a incarichi professionali, mio nonno fu costretto a spostarsi a Roma. Dovendo vendere la villa, si concretizzò il problema di cosa fare della statua, che rappresentava un ricordo della defunta consorte e che nulla aveva a che fare con il valore economico dell’abitazione di via Bellosguardo. Fu così – ricorda Elisabetta – che nonno Gaetano, uomo di profonde radici cattoliche, proveniente dalle fila del partito popolare di don Sturzo, primo segretario amministrativo della Dc di Trieste negli anni successivi alla Liberazione, decise di fare una donazione al Villaggio del Fanciullo di Opicina, ritenendo che in quel luogo il suo valore affettivo sarebbe stato ancor più rimarcato».
Della struttura benefica, Gaetano Gardo era stato fondatore, assieme ad altri, e successivamente membro del consiglio di amministrazione. Seguendo le decisioni di Gaetano Gardo, si trovò una opportuna collocazione della statua nel parco del Villaggio, dove la statua è tutt’ora presente. Alla base della realizzazione di Ruggero Rovan fu fissata una targa, ancor oggi visibile, che indica l’autore della donazione.
Nel 2005 scomparve il figlio di Gaetano, Glauco, anch’egli testimone delle vicende della statua. Ed ecco oggi manifestare la volontà di conservare vivo quell’affetto che lega la famiglia Gardo alla statua la nipote Elisabetta, pronta a prendere il testimone del nonno e del papà. «Spero e mi auguro – dice – che l’opera di Rovan, tanto cara alla mia famiglia, resti sempre dove si trova ora e cioè nel parco del Villaggio del Fanciullo e, soprattutto, che non vada mai per alcun motivo persa o collocata in luoghi che poco potrebbero avere a che vedere con essa».
Una preoccupazione, quella originatasi nell’animo di Elisabetta Gardo, dovuta alle notizie di qualche tempo fa, quando si delineò l’ipotesi, poi rimasta tale, di una vendita parziale dell’area sulla quale sorge il Villaggio del Fanciullo, per costruirvi edifici di civile abitazione. Un’idea che ovviamente cozza con le premesse in base alle quali Gaetano Gardo fece dono della statua della Madonna. «Spero vivamente che il Villaggio rimanga dov’è – sottolinea Elisabetta Gardo – e che la statua continui a caratterizzarne il parco».
Un desiderio che trova riscontro solo in parte nelle parole di don Roberto Pasetti, responsabile della struttura di Opicina: «La statua è stata donata al Villaggio – spiega – che ne è perciò proprietario a tutti gli effetti. In qualsiasi caso, della sorte della statua ci occuperemmo noi e la sua destinazione non potrebbe essere meno che dignitosa».
Una replica che sparge un po’ di pepe sulla vicenda. «Sul piano giuridico non ho alcunché da eccepire – è la controreplica di Elisabetta Gardo – e nessuno vuole mettere in discussione la proprietà della statua, avrei però voluto una maggiore considerazione dell’aspetto affettivo della storia della statua che, per la mia famiglia, non potrà mai venir meno».
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