Vienna: la Turchia non entri in Europa

L’Austria contro il presidente della Commissione Juncker e rilancia l’hotspot per migranti sulle isole come in Australia
Il presidente turco Tayyip Erdogan e il presidente della Commissione Ue Jean Claude Junker
Il presidente turco Tayyip Erdogan e il presidente della Commissione Ue Jean Claude Junker

BRUXELLES. Chiudere le porte dell'Europa alla Turchia sarebbe «un grave errore di politica estera» che in questo momento non va commesso: con queste parole il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, intervenendo pubblicamente per la prima volta dopo il tentato golpe, spegne sul nascere la richiesta del cancelliere austriaco Christian Kern che ieri ha esplicitamente chiesto l'interruzione delle trattative per l'adesione di Ankara alla Ue.

Ma Vienna può contare sulle perplessità della Germania. «La reintroduzione della pena di morte in Turchia ne bloccherebbe l'adesione alla Ue», rincara da Berlino il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier.

In un'intervista alla tv pubblica Orf, Kern ha definito le trattative «una finzione diplomatica» e ha annunciato che porrà la questione di un piano alternativo al vertice Ue di metà settembre.

Il cancelliere è convinto che la fine delle trattative non avrebbe alcuna ripercussione sul patto Ue-Turchia sui migranti, perché la Ue resta uno dei grandi investitori e la Turchia dipende dall'Europa per il turismo.

Anche il suo ministro degli Esteri, Sebastian Kurz, ha invitato l'Europa a «non inginocchiarsi ad Ankara» e a preparare un piano B che riduca la dipendenza dalla Turchia nella gestione dei profughi. Ed ha rilanciato il piano presentato qualche mese fa, che oltre al rafforzamento del controllo comune delle frontiere esterne dell'Ue, la definizione di contingenti limitati di immigrati legali da ripartire fra gli Stati membri, prevede anche la creazione di hotspot sulle isole, sul modello dell'Australia, per registrare ed eventualmente respingere i migranti che non hanno diritto di asilo.

Ma Juncker respinge con forza la soluzione austriaca: «In questo momento - ha detto in risposta a Kern - dare l'impressione alla Turchia che, quale che sia la situazione, la Ue non è pronta ad accettarla sarebbe a mio parere un grave errore di politica estera. Non voglio che passi un messaggio unilaterale di chiusura al negoziato da parte nostra».

In ogni caso, il presidente ricorda che «allo stato attuale la Turchia non può diventare membro della Ue, specialmente se persegue sulla via della reintroduzione della pena di morte».

L'esplicita presa di posizione dell'Austria contro la Turchia resta per ora isolata. Dopo il tentato colpo di Stato, tutte le cancellerie si sono schierate senza esitazione con le istituzioni democraticamente elette, e quindi con il governo Erdogan. Non rinunciando, però, a condannare l'uso della forza contro i ribelli, gli arresti di massa, e la potente repressione che ne è seguita.

Ma il problema di fondo che sta attanagliando l’Austria è strettamente collegato alla questione dei migranti e alla cosidetta rotta balcanica. Non è un caso, infatti, che la Stiria e la Carinzia abbiano deciso negli ultimi giorni di estendere nuovi reticolati al confine con la Slovenia incorrendo nell’ira dei proprietari terrieri ma anche dei politici dei rispettivi Land.

Vienna, in altre parole, ha una dannata paura che una rottura tra la Turchia e l’Unione europe4a determini la decisione di Ankara di mollare i freni e lasciare a decine di migliaia di profughi ancora parcheggiati nei propri campi di riprendere la lunga strada attraverso i Balcani e verso Austria e Germania.

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