Vienna a Lubiana: «Meglio chiudere Krsko»

Il cancelliere Faymann a Cerar: ma per la Slovenia alternativa agevole nella cornice energetica dell’Ue
Di Mauro Manzin

TRIESTE. Non c’è ripresa economica se a supportare le imprese non c’è una rete energetica in grado di essere concorrenziale nei prezzi e soprattutto ecosostenibile.

Ne hanno discusso in un vertice a tre a Schladming in Austria il cancelliere austriaco, Werner Faymann, il premier sloveno, Miro Cerar e quello croato, Zoran Milanovi„ e il vicepresidente della Commissione Ue con delega all’energia, Maroš Šef›ovi›. Un mini summit che assume un valore strategico per l’area dei Balcani occidentali soprattutto se inquadrata in uno scenario geoenergetico che non potrà contare più sulla “arteria aorta” di South Stream, il gasdotto che Mosca ha cancellato dalle sue iniziative dopo gli ostacoli frapposti dall’Unione europea e dalle sue politiche energetiche e dopo lo scoppio della crisi ucraina.

Urge, dunque, correre ai ripari, bisogna fare squadra per ridisegnare il “sistema circolatorio” della linfa vitale dell’energia, in un’area, come quella balcanica per l’appunto, che si ritrova a essere una zona nevralgica per l’approvvigionamento dell’Occidente, ma tenendo conto dei protocolli internazionali sulle emissioni inquinanti e puntando con decisione su tecnologie ecosostenibili.

Proprio per questo dal cancelliere austriaco Faymann ha bacchettato Lubiana in relazione alla centrale nucleare di Krsko, collocata non lontano dai confini austriaci che offre energia insostenibile, ha detto Faymann, senza dimenticare i rischi connessi al funzionamento di tale impianto. «Sono convinto però - ha precisato il cancelliere austriaco - che alla Slovenia sarà offerta un’alternativa (a Krsko ndr.) all’interno della cornice dell’unione energetica dell’Unione europea».

E se Vienna conferma la sua linea “no nukes” improntata alla ricerca di energie alternative ed ecocompatibili, la Croazia con il suo premier Milanovi„ ha rilanciato, invece, le non certo ambientalisticamente corrette piattaforme in Adriatico per l’estrazione di gas e petrolio e l’altrettanto contestato dagli ambientalisti, rigassificatore di Veglia. Milanovi„ ha rassicurato che il tutto sarà sviluppato con la massima attenzione rivolta ai temi ambientali, ma già la valutazione di impatto ambientale, inviata anche a Roma e Lubiana, e relativa alle trivellazioni in Adriatico presenta, anche a detta di tecnici e di esperti e non solo degli ambientalisti, delle forti lacune. Come perplessità sono destate dal rigassificatore di Veglia che utilizzerà le acque marine per il ciclo produttivo con le inevitabili ripercussioni per l’ecosistema marino. E pensare che si potrebbe risolvere il tutto se nella produzione venisse utilizzato lo stesso metano che arriva dalle navi gasiere piuttosto che l’acqua di mare. Sistema che ha un costo però, pari allo 0,3% del prodotto, e chi investe nell’impianto non vuole sopportare riduzioni dei margini di guadagno. Con buona pace di pesci, alghe e fondali.

Il vicepresidente Ue e commissario all’Energia, Šef›ovi› ha, da parte sua, spiegato come l’unione energetica europea non deve essere un progetto calato dall’alto dalle istituzioni e che poi la popolazione deve sopportare, «la meta - ha spiegato Šef›ovi› - è che l’energia sia sicura e distribuibile», il che include minori costi di acquisto ma anche «una migliore e più intelligente rete distributiva». Insomma la parola d’ordine è: diminuire la bolletta energetica in Europa.

E per questo bisogna innanzitutto diversificare le fonti di approvvigionamento e colmare, sempre in quest’ottica, il “buco” lasciato dall’oramai defunto progetto South Stream. Il che non signifca però che Mosca abbia abdicato ai suoi appetiti adriatici, come, del resto, le offerte per l’Ina croata attraverso la Mol ungherese ci indicano molto chiaramente.

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