Viene risarcita per il melanoma diagnosticato unghia incarnita

Palmanova 29 Luglio 2019 ospedale Agenzia Petrussi foto Turco Massimo
Palmanova 29 Luglio 2019 ospedale Agenzia Petrussi foto Turco Massimo

PALMANOVA Ciò che le provocava dolori al dito del piede destro non era un’unghia incarnita come pensava, ma un melanoma. C’è voluto del tempo per capirlo e, intanto, la malattia si è diffusa. È finita in tribunale la vicenda di una 60enne della Bassa Friulana che si è rivolta all’Associazione Diritti del malato per ottenere un risarcimento.

I primi sintomi apparvero all’inizio del 2013: erano dolori all’alluce destro, dove era comparsa una neoformazione scura. Ben presto, il dito si infiammò e cominciò a spurgare. Fu trattato con una pomata, ma non migliorò, tanto che, a ottobre dello stesso anno, la donna si presentò all’ospedale di Latisana in preda a dolori alla gamba. Fu dimessa con una diagnosi di incontinenza venosa agli arti inferiori. E il mese successivo si sottopose a una visita ortopedica all’ospedale di Palmanova con diagnosi di “unghia incarnita”. A gennaio dell’anno successivo fu sottoposta a un intervento su quell’unghia in regime di day hospital a Palmanova, ma sul materiale asportato non fu eseguito alcun esame istologico. La febbre e il dolore al polpaccio comparvero un anno più tardi, eppure si dovette attendere settembre 2015 per arrivare all’intervento chirurgico cui fu sottoposta all’ospedale di Latisana, quindi alla diagnosi istologica di metastasi da melanoma. I successivi passaggi all’ospedale di Udine e a quello di Padova portarono a un nuovo ingresso in sala operatoria. Interventi che hanno lasciato tracce profonde, incidendo sulla sua capacità di deambulare, provocandole dolori e sottoponendola a gravi rischi, che a distanza di tempo non sono affatto svaniti.

Si è affidata all’avvocato Anna Agrizzi, presidente dell’associazione Diritti del malato, per far valere le sue ragioni. Fallito il tentativo di mediazione in via stragiudiziale, il caso è approdato in tribunale con un accertamento tecnico preventivo contro l’Aas 2 Bassa Friulana Isontina e, su ordinanza del presidente del tribunale Paolo Corder, è stato nominato consulente tecnico il dottor Enrico Belleli, affiancato dal professor Giorgio Mustacchi per i quali, in assenza di un esame istologico, non si può assolutamente escludere che quanto rimosso fosse un melanoma primitivo. Gli esperti hanno convenuto che «ove la diagnosi fosse stata fatta correttamente a tempo dovuto la paziente avrebbe avuto un trattamento chirurgico del tutto diverso».

Un parere che si è rivelato determinante per giungere al risarcimento. «Si tratta di un successo per noi come associazione – commenta l’avvocato Agrizzi – maggiore perizia e accuratezza avrebbero risparmiato alla paziente di patire notevoli sofferenze e di correre rischi così gravi».

Ma l’avvocato Diego Modesti, che difende l’azienda sanitaria, precisa che «la transazione è avvenuta in sede di accertamento tecnico preventivo, un istituto che ha finalità conciliative per evitare di andare in giudizio. Abbiamo inteso – spiega – trovare una soluzione conciliativa, senza però riconoscere alcuna responsabilità da parte nostra». —

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