Viaggio nell’ex caserma fatiscente di Banne, candidata a diventare un Cpr FOTO

Deentro la Monte Cimone di Banne indicata da Dipiazza come centro per i rimpatri. Una terra di nessuno tra muri di vegetazione mai regolata e rottami lasciati dai vandali
Lasorte Trieste 27/06/18 - Banne, Caserma Monte Cimone
Lasorte Trieste 27/06/18 - Banne, Caserma Monte Cimone

TRIESTE Edifici fatiscenti, senza porte, finestre, e pure senza porzioni di tetto. Diventati ormai veri e propri ruderi, più che ex palazzine. Vetri, infissi e intonaci caduti, muri crollati, cumuli di calcinacci, il tutto avvolto dalla vegetazione, che, in diversi punti, è impenetrabile. Uno scenario di desolazione, degrado e totale abbandono. Pensare a un possibile riutilizzo della Monte Cimone - meglio conosciuta come la caserma di Banne, indicata dal sindaco Roberto Dipiazza come possibile location per un Cpr su territorio triestino - al momento risulta particolarmente difficile.

Dismessa nei primi anni '90, dopo la sua chiusura, come successo per altri beni demaniali fuori servizio, non c’è stata alcuna manutenzione né c’è stato un controllo costante. E così ecco la Monte Cimone diventare una “terra di nessuno”, dove i vandali hanno agito per anni indisturbati, insieme allo sfacelo naturale dovuto alle intemperie. Nel 2013 era scoppiato anche un incendio, seguito da ulteriori crolli.

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Bumbaca Gorizia 26.06.2018 Fedriga Gradisca e Cara © Fotografia di Pierluigi Bumbaca


La palazzina principale, quella che si affaccia sulla strada e che ancora conserva qualche lettera della scritta originale “Monte Cimone”, è ridotta ormai a un colabrodo. In diverse zone del perimetro, una volta invalicabile, non esiste alcuna protezione. Dentro il viavai è continuo. 

Raggiungere gli ingressi di alcuni fabbricati non è difficile: le porte non esistono. Le pareti sono scrostate, piene di infiltrazioni. La vegetazione è entrata nelle stanze e l’ edera ha divorato pavimenti e rivestimenti in legno. Le rimesse e molti altri edifici più bassi, forse magazzini o depositi di un tempo, hanno il tetto divelto e le assi sono cadute al suolo, penzolano sospese o, al di sopra, sono prive di tegole. Al centro dell’area si nota la cappella, ma raggiungerla è impossibile.

A terra, tra stradine e sentieri, pezzi di ferro arrugginito spuntano qua e là, insieme a intere finestre frantumate al suolo, forse cadute nelle giornate di maltempo. Un edificio in pietra praticamente non esiste più, è rimasto solo un pezzo di muro, solitario, in mezzo alla sterpaglia.




 

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