Viaggio nella galassia di CasaPound nel Fvg. «Di destra? No, fascisti»

TRIESTE «Vogliamo infondere lo spirito che ha spinto i ragazzi del ’99 a partire con lo zaino in spalla per andare a morire per la patria». Francesco Clun è il segretario di CasaPound Trieste e spiega così l’obiettivo del corteo nazionale che si svolgerà nel capoluogo il prossimo 3 novembre. Un momento fondamentale per il partito neofascista radicatosi negli ultimi anni anche in Friuli Venezia Giulia.
Cento a Udine, altri cento a Pordenone, ottanta a Trieste e 45 a Gorizia. Sono questi i numeri dei tesserati di Cpi in regione. Numeri non altissimi se confrontati invece con i simpatizzanti sui social: sommando i “like” delle quattro pagine provinciali e di quella regionale su Facebook si arriva presto a 19 mila in totale. In Italia il movimento, nato ufficialmente nel 2003 dopo l’occupazione di uno stabile in via Napoleone III nel pieno centro di Roma, conta 120 sedi, 7 mila tesserati e 15 eletti.
In Friuli Venezia Giulia tutto è iniziato con Udine, dove la sede ha aperto nel marzo 2013 grazie a un primissimo nucleo di militanti. Qui, come nelle altre province, l’attività principale è la raccolta alimentare: i militanti si appostano con un banchetto davanti ai supermercati, raccolgono donazioni di prodotti dai clienti, e poi li distribuiscono a famiglie bisognose, «solo italiane». «Ne seguiamo una quarantina in città», spiega Ivan di Cpi Udine. Le attività di CasaPound si articolano su molti fronti, dall’ambientalismo allo sport, all’assistenza sanitaria e fiscale, ma la raccolta alimentare è quella che li identifica maggiormente nella loro presenza sul territorio. «Molti supermercati sono contenti di averci fuori dalle porte - prosegue Ivan -. In ogni caso chiediamo l’Isee alle famiglie che aiutiamo, perché in passato qualcuno ha provato a fare il furbo. Da noi vengono anche persone che non hanno il nostro credo politico».

È dalla sede di Udine che nasce per filiazione quella di Gorizia, in pieno centro in via Mazzini. «All’inizio in città eravamo solo in due militanti, frequentavamo le riunioni udinesi», spiega il portavoce goriziano Gabriel Porta. Poi nel 2015 la scelta, concordata con i vertici romani, di aprire una sede sull’Isonzo: il passo, avvenuto nel settembre di quell’anno, è stato preceduto dal corteo che in maggio ha celebrato il centenario dell’inizio della Grande guerra.
Tra bandiere dell’Istria e della Dalmazia, ritagli di giornale con il faccione del Duce, cd di band fascio-rock come gli ZetaZeroAlfa e un murales con la tartaruga frecciata, Gabriel e gli altri “camerati” rivendicano il ruolo aggregativo della “Tenace”, come hanno ribattezzato la loro sede. «Dal precario allo studente fino all’avvocato, i nostri militanti sono di tutte le estrazioni. Si va dai 18 ai 60 anni». Riunioni due volte alla settimana, quella del giovedì aperta anche ai simpatizzanti: «Abbiamo un rapporto buono con tutti». Anche con il bar di fronte. «Sono dei bravi ragazzi, non sono dei criminali. Quando ci sono loro mi sento più sicura», racconta la titolare mentre alle 11 prepara i primi spritz della giornata.

In un contesto di crisi economica ormai decennale, di frazionamento della società e di sfiducia verso le forze politiche tradizionali, il discorso fascista di CasaPound fa più facilmente breccia. Soprattutto tra i più giovani. «Il nostro compito è dar loro un indirizzo», spiega un altro militante.
Le famiglie seguite con la raccolta alimentare a Gorizia sono 35, raccontano: «Siamo partiti da 5 nuclei e non ci siamo più fermati. Portiamo anche la spesa a casa». Un altro cavallo di battaglia è il “mutuo sociale”, per consentire a chi risiede da almeno 18 anni sul territorio di acquistare il proprio alloggio di edilizia popolare: «Ci autotassiamo per fare tutto, non accettiamo soldi da chi non conosciamo». Ma le attività non si limitano al sociale e all’aggregazione. Nei mesi scorsi CasaPound Gorizia è stata sulla breccia a Grado nell’opposizione all’accoglienza di un gruppo di richiedenti asilo. Il sindaco di centrosinistra Dario Raugna ha stigmatizzato il loro ruolo anche dagli schermi di Piazza Pulita.
L’operato nazionale di CasaPound Italia ha i suoi riflessi anche sul locale. Se la Onlus Solid di Cpi opera a sostegno delle minoranze serbe in Kosovo, sulla parete della sede goriziana si vede pendere una maglietta dei nazionalisti di Belgrado: «Abbiamo un buon rapporto con i serbi in città», spiega Porta.
A sua volta Gorizia ha partorito il nucleo triestino. «Siamo operativi dall’aprile di quest’anno, ma il gruppo ha iniziato a lavorare già alla fine del 2017», spiega Clun. Una sede in città non c’è ancora, anche se, garantisce il segretario provinciale, «entro la fine dell’anno puntiamo a trovare un locale adatto». Pur senza un punto di riferimento fisico, la pagina Facebook di Cpi Trieste conta oltre 1500 iscritti. La storia di CasaPound degli ultimi anni dimostra proprio come i social network siano diventati un formidabile strumento della nuova propaganda fascista. Qui si pubblicizzano le raccolte e le distribuzioni alimentari, le proposte sul “reddito nazionale di natalità” e si reclutano nuovi militanti.
Sarà anche perché a differenza del resto della galassia neofascista, come Forza Nuova, Cpi ha sviluppato un linguaggio più “trendy” ed efficace in rete. Un cocktail che costituisce la principale forza del partito. «Per la prima volta nella storia del neofascismo, CasaPound è un interlocutore di cittadini che paiono prescindere dall’esplicita connotazione politica del movimento, riconoscendo a esso la caratteristica di affidabile organizzazione-milizia di presidio territoriale», come si legge nella prefazione a CasaPound Italia. Fascisti del terzo millennio, di Elia Rosati.
Questo segna la differenza tra Cpi e i partiti tradizionali, come la Lega, con cui c’è un rapporto ambivalente. «Noi tiriamo fuori le idee e loro le mettono in pratica», dicono i militanti goriziani. Alle ultime amministrative a Udine, i voti neofascisti hanno dato un contributo determinante all’elezione del leghista Fontanini.
Pur ispirandosi al fascismo delle origini, Cpi si richiama di continuo alla Costituzione, anche per difendersi dalle accuse di antidemocraticità: «Siamo nel 2018, ci sono delle regole in Italia e noi pensiamo il fascismo all’interno di questa cornice, non come replica del Ventennio», spiega il triestino Clun.
Quanto all’alone di violenza che circonda le cronache sul movimento, i goriziani affermano: «Abbiamo abbandonato quella cultura, un lascito degli anni Settanta. Certo, se veniamo attaccati, ci difendiamo».
Ma qual è il nucleo identitario delle politiche di CasaPound? «Facciamo tutto per un disperato amore per la nazione», spiega Ivan di Udine. Non è tanto nel privato, ambito in cui Cpi sbandiera tolleranza, dalla libertà di credo alle coppie omosessuali, quanto nella sfera pubblica che il partito richiede un’adesione ideologica ferrea.
Ne è prova lo stesso Clun, dipendente regionale part time, in politica da quando aveva 16 anni: «Mi iscrissi ad Alleanza nazionale. Ma Cpi è il primo partito in cui mi trovo in sintonia totale con le posizioni dei vertici nazionali». Posizioni che il militante fatica a definire «di destra»: «Il termine ci sta stretto. La destra è una cosa da liberali e non ha nulla a che vedere con il fascismo. Ecco, fascismo è un termine più adatto a noi». —
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