Viaggio alla scoperta della Rosa di Gorizia

Messe a dimora in questi giorni in via degli Scogli le piantine del prelibato radicchio. Nell’azienda di Santinelli (Biolab) la forzatura si farà in un vecchio bunker
La messa a dimora delle piantine della Rosa di Gorizia
La messa a dimora delle piantine della Rosa di Gorizia

GORIZIA Mimetizzate tra erbacce infestanti che pure hanno una loro dignità, sonnecchiosa e indolente cresce in questi giorni di calura la regina della tavola nostrana: la Rosa di Gorizia. Quello che oggi è solo un cespo di normale radicchio a foglie verdi a fine dicembre sarà lo splendore di ortaggio che sembra un fiore, il fiore più bello e più buono.

In via degli Scogli, distesi su più appezzamenti, i semi della Rosa di Gorizia sono stati appena messi a dimora. Sotto lo sguardo severo del Sabotino e del panciuto balcone dell’ossario di Oslavia le pianticelle stanno mettendo radici in una terra sassosa dell’antico scorrere dell’Isonzo.

Siamo nel cuore dell’azienda Rosa di Gorizia creata un paio d’anni fa da Massimo Santinelli, proprietario di Biolab, azienda leader nel settore dell’alimentazione vegetariana. Nell’ex fondo Vendramin, 1500 metri quadrati sono coltivati a Rosa; d’altro c’è un orto biologico per il sano, domestico desinare. Biologica è anche la coltivazione della Rosa, il che presuppone un lavoro amanuense di notevole impegno per liberare i ceppi dall’erba folta. Le pianticelle, confezionate dalla Cooperativa Fiumicello, sono state trapiantate in terra con cura necessariamente maniacale. In altri appezzamenti della stessa azienda invece, la semina ha seguito criteri per così dire più tradizionali.

Massimo Santinelli si coccola la sua terra seduto all’ombra di una vecchia quercia. S’odono nei dintorni i rumori di trattori; anche in altri campi sono indaffarati attorno alla Rosa. Santinelli sta all’ombra ed elevato, appollaiato quasi su una panca solida posta sulla sommità di quella che in apparenza sembra una collinetta.

«E invece - spiega l’imprenditore - è un rifugio antiaereo, mi dicono costruito nel 1943 dalla Todt (organizzazione nazista che coordinava la realizzazione di lavori che oggi chiamiamo socialmente utili ndr); serviva a offrire riparo agli inquilini delle Casermette». All’interno del bunker, perfettamente mantenuto, temperatura gradevolissima e costante. Tutto è pronto per ricevere degnamente i cespi di Rosa che dai primi di dicembre, a seconda del freddo, verranno deposti in terra per essere “forzati”.

«Vorrei che via degli Scogli diventasse via della Rosa di Gorizia - confessa Santinelli - . Dobbiamo fare di tutto per valorizzare ancora di più questo nostro magnifico prodotto». Santinelli l’anno scorso, all’avvio di questa sua nuova avventura, aveva piantato 20mila piantine raccogliendo poi circa tre quintali. Valore all’ingrosso dai 12 ai 14 euro al chilogrammo. Fermo restando che il buon gustaio deve scucire almeno dai 20 ai 25 euro la chilogrammo.

Quest’anno, nei suoi due ettari totali dedicati alla Rosa, Santinelli di piante ne ha messe in terra 120mila. La raccolta dovrebbe aggirarsi sulla tonnellata. Sull’ex fondo Vendramin la schiena piegata sulla terra è quella di Moreno, il giovane contadino (buono e ruspante questo sostantivo) che si adopera con professionalità per tenere a bada orto e Rosa. «Vorrei un giorno poter assumere altri giovani. Ma per aumentare la produzione, e quindi i ricavi, c’è bisogno di un’organizzazione più moderna e ampia nel settore della coltivazione della Rosa», ammonisce Santinelli.

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