Via libera serbo al gasdotto South Stream
BELGRADO. Dopo l’inizio dei lavori sul fronte russo, con la cerimonia della posa della prima pietra della stazione di compressione di Anapa il 7 dicembre, South Stream continua a fare passi avanti. Passi avanti ancora sulla carta, va detto, ma che fanno intuire che il progetto è attuale e sentito, soprattutto nei Paesi che saranno in futuro attraversati dal super-gasdotto di Gazprom, Eni, Wintershall ed Edf. A fare la parte del leone dal punto di vista dell’impegno realizzativo è al momento la Serbia, terza tappa nel passaggio del gas dalla Russia direzione Europa, via Mar Nero, Bulgaria, Serbia appunto, Ungheria, Slovenia e Italia. Serbia dove la commissione parlamentare per l’Economia, lo Sviluppo regionale, il Commercio, il Turismo ed l’Energia ha prima disegnato i contorni del passaggio di South Stream sul territorio serbo, mentre il Parlamento ha approvato il 20 febbraio la nuova legge che ha dichiarato di «interesse nazionale» il gasdotto russo.
Una definizione che permetterà allo Stato di velocizzare la realizzazione di dello “Juzni Tok”, sostenendo anche i costi “extra” per l’esecuzione del progetto. «Circa 8.000 ettari di terreni dovranno essere espropriati» al più presto per posare le tubature, ha specificato l’agenzia di stampa serba Tanjug dopo che la commissione ha reso noto i dettagli del piano di espropri. Il tutto, a un costo salato per Belgrado, che dovrà sborsare ad agricoltori e proprietari terrieri circa 24 milioni di euro in indennizzi.
Milioni pesanti per un Paese colpito dalla crisi e da un debito pubblico in crescita, ma il governo «ha riservato 75 milioni di euro dal bilancio» per le espropriazioni, ha assicurato il viceministro dell’Energia, Petar Stankovic. Stankovic che ha ricordato che anche il «partner russo», che controlla il 51% della joint-venture che realizzerà il tratto in Serbia, ha allocato lo stesso ammontare di risorse, di fatto raddoppiando il totale a disposizione. Espropriazioni che saranno “velocizzate” proprio grazie alla nuova legge che «accelera gli espropri» e semplifica i passaggi burocratici da compiere sul fronte appalti, ha aggiunto l’agenzia Tanjug.
E che soprattutto conferisce «lo status di progetto d’interesse nazionale» a South Stream, avevano in precedenza previsto Alexey Miller, amministratore delegato di Gazprom, e Dusan Bajatovic, direttore generale dell’ente pubblico Srbijagas, partner del progetto in Serbia, annunciando allo stesso tempo che «i documenti ingegneristici» per la costruzione del gasdotto «stanno per essere predisposti». Segno che la “luce verde” diverrà presto reale, almeno per quanto riguarda la Serbia. Almeno in Serbia perché, nella vicina Bulgaria, crescono i dubbi sull’impatto ambientale di South Stream, che – da progetto -, dovrebbe penetrare nel territorio dopo la posa del tratto sotto il Mar Nero e della costruzione della stazione di pompaggio vicino a Varna, situata nei pressi della perla paesaggistica e naturale della spiaggia di Pasha Dere. Da qui le preoccupazioni degli ambientalisti locali. Ma Gazprom, con un comunicato, ha provato a tranquillizzarli, chiarendo che il gasdotto sarà interrato e che non metterà a rischio la natura e il turismo.
«È anche importante notare», ha aggiunto Gazprom, che «South Stream trasporterà gas naturale, non petrolio o derivati, il combustibile più environment-friendly al mondo». Ma «le élite politiche» dei Balcani, Sofia inclusa, «hanno influenza limitata sull’implementazione del progetto» e tutto – malgrado le resistenze degli ecologisti – sembra procedere «secondo l’agenda russa», scrive l’istituto di analisi svizzero International Relations and Security Network.
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