Via libera di Raugna al centro islamico

Il sindaco risponde in aula sulla comunità bengalese: «Spazio in condominio privato, l’attività è lecita»

GRADO. «Parlano benissimo l’italiano, i loro figli frequentano i nostri figli nelle scuole pubbliche e sono loro amici, lavorano nelle nostre cucine. Fanno parte della nostra comunità». Ha risposto così, con un lungo intervento tecnico, il sindaco Dario Raugna in aula a un’interrogazione presentata da Roberto Marin, Maurizio Delbello e Roberto Borsatti sul Centro culturale islamico che dovrebbe venir aperto a breve. Raugna in conclusione ha spiegato «non ci sono argomentazioni di alcun genere che possano fermare l’apertura del Centro culturale Bengalese di Grado». Per la destinazione d’uso dei locali, questo uno degli interrogativi (ricordiamo che il centinaio di bengalesi che risiedono a Grado hanno preso in affitto due negozi nella galleria Al Parco di viale Dante), il sindaco ha precisato che si può affermare che tutti i locali posti al pianoterra del Condominio Spiaggia risultano avere la «destinazione d’uso commerciale al dettaglio destinati a negozio».

La proprietà dei due negozi, come ha precisato il sindaco è di Salvatore Fratepietro e la destinazione d’uso è «compatibile con quanto hanno intenzione di fare i bengalesi». I locali sono attualmente interessati da lavori di manutenzione realizzabili senza che vi sia la necessità che venga presentata neanche una semplice comunicazione al Comune, che a sua volta non deve né può svolgere alcun tipo di controllo o verifica. Marin, Delbello e Borsatti avevano anche chiesto se esiste un verbale condominiale che autorizzi l’apertura del Centro culturale Bengalese ma anche in questo caso il sindaco è stato esplicito dichiarando che sono «aspetti che hanno specifico carattere privatistico (l’assemblea dei condomini e il regolamento condominiale), e in quanto tali esulano dalla sfera di competenza e dai poteri dispositivi della pubblica amministrazione».

In poche parole il Comune non può metter bocca. Un altro aspetto messo in evidenza dai tre esponenti del centrodestra gradese è che quello che crea maggiori timori fra la popolazione è se i locali saranno trasformati in luogo di culto. La paura è che si trasformi in una moschea. Fermo restando che i diretti interessati avevano tempo fa precisato che all’interno sarebbe stata insegnata la loro religione ai loro figli che a scuola imparano quella cattolica (quando saranno grandi, hanno dichiarato, potranno scegliere quale seguire), su questo aspetto Raugna ha precisato che si tratta si un’associazione culturale e in quanto tale non svolge (almeno non prioritariamente) quella attività che può essere definita come un luogo di culto. «Ciò premesso – ha detto il sindaco –, è ipotizzabile che una delle azioni che gli associati possono porre in essere all’interno dei locali di che tratta oltre alla promozione della cultura bengalese e/o islamica, anche la condivisione della preghiera. Questo fatto, però, non può da solo qualificare l’ambiente utilizzato quale edificio di culto, e ciò a meno che non venga in qualche modo dimostrato che la preghiera è l’attività principale svolta all’interno di quei locali». (an. bo.)
 

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