Via Cappella a Gorizia, gioiello dimenticato

Erbacce e buche rattoppate con l’asfalto deturpano l’antico acciottolato di una stradina senza tempo che fino a pochi anni fa faceva da confine con la Jugoslavia

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Un gioiello dimenticato. Ecco cos’è via della Cappella, scorcio al margine nordorientale di Gorizia. Chi non abita nel capoluogo isontino, probabilmente, non sa nemmeno della sua esistenza. Chi conosce Gorizia, invece, non può non essere incuriosito dal fascino decadente di quella stradina, che s’inerpica sul colle della Castagnavizza riportando chi la percorre alle suggestioni di un passato ancora non troppo lontano, eppure caduto nell’oblio tra degrado e incuria, erbacce, solchi e rattoppi nell’acciottolato dal sapore antico.

La salita Lasciata la trafficata via Rafut svoltando a destra, via della Cappella si offre banale come mille altre, ma è solo un centinaio di metri più in là, in fondo alla strada asfaltata, che si trasforma, perdendosi in un’erta salita e portando, lo si intuisce subito, in un “altrove” quasi letterario. Un non luogo, un frammento di passato incastrato nel presente. La pianura si fa improvvisamente salita, l’anonimo asfalto diventa un rugoso acciottolato di pietra. I marciapiedi si stringono quasi aggrappandosi alle casette, alcune ristrutturate e colorate, altre cadenti ed abbandonate, che si affacciando sul budello che sale. È come se il tempo si riavvolgesse. C’è silenzio, c’è un qualcosa di antico e suggestivo, che sarebbe perfetto, non fosse per quelle buche (tante, troppe) rattoppate alla bene e meglio con gettate di cemento e catrame. Alcune freschissime, a coprire ferite recenti sulla via. Stonano. Sono cerotti sul volto di una nobildonna. Ancora: grossi ciottoli staccatisi dal fondo, ammucchiati ed abbandonati sui marciapiedi, dietro le macchine parcheggiate in salita, ed erbacce che fanno capolino sempre più fitte, man mano che si procede, tra le pietre. Ancora: i vecchi, imponenti tombini di pietra scolpita, lungo la strada, pare di vederli, ingoiare il fiume d'acqua che qui, quando piove forte, precipita dalla collina.

Il bosco Ad un certo punto la strada spiana un po’: a sinistra ritorna l’asfalto, si apre via del Poligono, quella che, prima della Grande guerra, conduceva al poligono del Panovec e che, dopo il Secondo conflitto mondiale, per anni, è rimasta un ramo secco sul confine. A destra, invece, di fronte alla splendida edicola restaurata nel 1997 dal Lions Club Maria Theresia, si continua a salire. Ma via della Cappella si trasforma ancora, perde l’ordinato acciottolato e si fa sterrata, s’inoltra nel bosco. Le casupole lasciano il posto al verde selvaggio ed incolto – anche qui, le erbacce ed i rovi si fanno largo tra la ruggine dei parapetti -, e così si prosegue fino ad un cartello, arrugginito e provato dal tempo. Qui passa il confine e qui terminava la strada ai tempi della Cortina di Ferro. Oggi il sentiero è libero e aperto.

Il santuario Porta, è questione di pochi passi, al Santuario della Castagnavizza, sorto nella prima metà del ’600 e consacrato nel 1640. Qui, tra l'altro, riposano le spoglie regali di Carlo X di Francia, talmente colpito (si racconta) dalla bellezza del luogo da volerlo eleggere ad ultima dimora. Senza torto, a dire il vero. Perché lungo il sentiero, in un concerto assordante di cicale, si susseguono edicole e calvari, oggi preda del degrado, e dalla cima del colle, in un mare di ulivi, la vista può spaziare su Nova Gorica e sul Monte Santo, a sinistra, e sulla Val di Rose e il Castello, a destra. Un paradiso a cavallo tra oriente e occidente. Forse anche per questo, ma non è una consolazione, per raggiungerlo bisogna passare per quel purgatorio che è oggi via Cappella. Il gioiello dimenticato di Gorizia, abbandonato al degrado e lontano dagli occhi curiosi e vogliosi di bello del visitatore.

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