Via all’aumento per 13 mila dipendenti del Comparto unico. I sindacati: ora il tavolo-bis

Siglato da giunta e rappresentanti il rinnovo del contratto collettivo. Aumento da 60 a 80 euro lordi al mese. Ma l’accordo, valido per il 2016-2018, scadrà già a fine anno. Riparte il pressing

TRIESTE Diventa realtà l’aumento da 60 a 80 euro lordi al mese per i 13 mila dipendenti del Comparto unico regionale. Il rinnovo del contratto collettivo del personale non dirigente è stato firmato ieri dall’assessore alla Funzione pubblica Sebastiano Callari e dalle sigle sindacali, che già tornano alla carica per riaprire il tavolo, posto che l’accordo appena chiuso riguarda il triennio 2016-2018 e scadrà dunque a dicembre.

Superato lo stop della Corte dei conti, l’esecutivo ha chiuso dunque la partita cominciata nella scorsa legislatura e il presidente Massimiliano Fedriga ha potuto così sottolineare che «il personale è la vera plusvalenza per le amministrazioni pubbliche ed è per questo che siamo riusciti in fase di assestamento di bilancio a reperire quelle risorse che non erano state originariamente previste».

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La cifra in questione vale tre milioni: uno per ogni anno di vigenza del contratto. E proprio questa somma era entrata nel mirino della magistratura contabile che aveva evidenziato la mancanza dei tre milioni nella preintesa che ha investito oltre 20 milioni per produrre un aumento del 3,48%, con ritocchi per tutte le categorie. La A (commessi) si vedrà aumentare lo stipendio tra i 73,87 e i 75,18 euro, la B (operai e figure assistenziali, impiegati esecutivi e ausiliari nidi) tra i 75,53 e i 77,16, la C (impiegati di concetto) tra gli 80,88 e gli 83,04, la D (direttivi) tra gli 85,90 e i 91,59.

Sulla questione è intervenuto Callari, spiegando che «la giunta ha affrontato le problematiche con totale senso di responsabilità, andando a colmare con 3 milioni, reperiti nelle pieghe del bilancio, quel gap negli aumenti necessario per parificare gli stipendi di Regione ed enti locali». L’obiettivo del contratto è infatti anche quello di arrivare all’equiparazione della retribuzione fra dipendenti regionali e comunali, attraverso un graduale incremento del salario aggiuntivo dei secondi. Non a caso, i regionali riceveranno a novembre arretrati tra i 600 e gli 800 euro, mentre gli altri lavoratori del Comparto unico arriveranno fra 700 e 1.000 euro.

«Ci siamo trovati – ha continuato Callari – di fronte a una mancata previsione finanziaria da parte della giunta precedente e, a norma, avremmo potuto riaprire la contrattazione, ma abbiamo trovato una soluzione». Sarà la Regione dunque a versare il milione aggiuntivo e non i Comuni, in un contratto che parifica appunto il trattamento dei dipendenti regionali con quello degli altri enti locali. Il segretario del Pd Fvg, Salvatore Spitaleri, punzecchia però la giunta: «Dopo la sanità, anche nella chiusura del contratto Fedriga si è messo sulla scia del centrosinistra. La giunta attuale può rivendicare di aver messo in assestamento le risorse che risultavano non coperte in base a un’interpretazione divergente della Corte dei Conti, ma la sua fatica si ferma qua, perché il contratto è eredità del centrosinistra», conclude Spitaleri in riferimento ai venti milioni stanziati nella precedente legislatura, grazie a «risparmi strutturali, complessivamente conseguiti, a livello di sistema integrato del pubblico impiego».

I sindacati hanno intanto già disdetto l’accordo in vista del prossimo rinnovo. Per Mafalda Ferletti (Cgil), «oggi (ieri, ndr) è un giorno positivo dopo due anni di trattative. Abbiamo concluso questo lavoro, ma siamo alle porte del nuovo triennio e bisogna dunque riaprire il confronto». Sulla stessa linea la Cisl, con Massimo Bevilacqua, che ricorda «un’attesa durata dieci anni: bene la firma, ma già da oggi cominciamo a chiedervi subito conto del futuro».

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