«Vi racconto di Matteo, il mio bimbo-meteora vissuto solo cinque ore»

di ERIKA BUROLO
Alla fine di marzo è nato il mio secondo figlio. Ha respirato solo cinque ore nel reparto di neonatologia, intubato e riscaldato, guardato e accarezzato con un amore immenso e disperato dal suo papà. Io, la sua mamma, ero invece qualche corridoio più in lá, ancora incosciente dopo il taglio cesareo, tra incubo e realtà. Suo fratello di cinque anni era a casa, con i nonni, ad aspettarci tutti e tre. È necessario che io scriva queste righe, che mi costano il ripercorrere con la mente momenti che nessuna donna dovrebbe vivere mai nella vita, perché la mia storia ha tappezzato Trieste nelle locandine de “Il Piccolo” e due articoli apparsi un giorno dopo l’altro (28 e 29 marzo 2012) hanno riportato inesattezze per me insopportabili. Non sono stata nominata, la legge sulla privacy è stata rispettata. Io meno.
Ho letto su “Il Piccolo” di aver avuto dolori nella notte, di essere stata visitata e dimessa il giorno prima, che le condizioni del feto erano complesse e soffriva di una malattia cronica e complicata, che io mi ero affidata a un’altra struttura regionale, che il piccolo è morto in pochi minuti.
È tutto falso tranne il fatto che «tutti gli interventi sono stati fatti con la massima tempestività e accuratezza».
Io non ho qui Matteo tra le braccia dopo averlo sentito crescere dentro di me per nove mesi ma so molto bene che non c’è alcuna responsabilità da imputare a nessuno. È stata una tragica fatalità, un caso rarissimo, ma io devo al mio bambino questa puntualizzazione, frutto di sei mesi di terapie, analisi, ricerche e approfondimenti che mi hanno aiutato a dormire oggi di nuovo la notte.
La mattina di lunedì 26 marzo ero al Burlo per un monitoraggio (la scadenza del parto era prevista il 2 aprile 2012) e il quadro clinico del bambino e mio erano perfetti, nessun segnale, nessun problema così sono tornata a casa.
Da quando avevo portato le analisi che attestavano la gravidanza alla mia ginecologa per i successivi sette mesi sono stata seguita ottimamente ed esclusivamente al Burlo, senza mai ricorrere ad altre strutture, né regionali né private. Il mio bambino è sempre stato perfettamente sano.
Ero a casa mia alle nove e mezzo di sera quando, senza alcun preavviso, malore o dolore, ho avuto una abbondantissima emorragia. Poi è stato tutto un lampo: 118, Burlo, sala operatoria, mio figlio senza ossigeno per oltre un quarto d’ora, l’andirivieni di volti corrucciati, di parole vacue, di offerte di supporto psicologico lì su due piedi senza avere neppure il tempo di capire cosa ci fosse successo.
Allora cosa è successo? Si è staccata la placenta: rottura dei vasi previ. Evento rarissimo (uno su cinquemila). Si poteva fare qualcosa per tempo? No. Solo una eco-dopler transvaginale, che però non rientra nei protocolli di routine. Ma non è neppure detto che si sarebbe visto qualcosa. E poi paradossalmente: se anche avessi saputo fin dai primi mesi che poteva capitarmi nel corso della gravidanza un distacco, a 34 anni avrei abortito subito o avrei sperato che a me non succedesse? Se anche avessi programmato un cesareo per un’ora x, i vasi si sarebbero potuti rompere un quarto d’ora prima e sarebbe successa la stessa tragedia. Se fossi rimasta al Burlo lunedì mattina? Ce l’avrei fatta in tre minuti (tanto basta per danneggiare un cervello senza ossigeno) dal quarto piano, a chiamare aiuto, e poi la ricerca del battito e la discesa in sala parto per un cesareo d’urgenza?
Nei due articoli pubblicati nessun nome è stato fatto, però io nella disgrazia ho sentito vicine e partecipi tante persone accanto a me, così vorrei ringraziare in particolare la dottoressa Piccoli che mi ha seguito per tutta la gravidanza, il dott. Bouché per la professionalità e l'umanità, il dott. Forleo per aver seguito il mio bambino e il dr. Maso per il sostegno e la disponibilità. Ma quello che mi ha sostenuta più di tutto in questi mesi è stato il poter condividere la mia storia con altre mamme che hanno vissuto situazioni simili o identiche alla mia. Ho potuto farlo tramite un sito prezioso a cui collaborano medici, specialisti e psicologi tutti volontari.
L’ho scoperto per caso navigando in internet e lo menziono perché può essere un appiglio per molte: www.ciaolapo.it.
Ho anche scoperto che purtroppo non sono pochissime le donne che perdono i figli a fine gravidanza e sarebbe utile che negli ospedali, quando accadono queste tragedie, il personale medico e di supporto fornisse alle mamme che hanno appena perso il loro figlio informazioni in merito a questa associazione a carattere scientifico (ricerca e formazione) e assistenziale (psicologia del lutto, sostegno specialistico, supporto tra pari). Tramite il sito i genitori, i parenti e gli "amici" dei bambini meteora si incontrano - virtualmente e se lo desiderano anche di persona - per condividere le proprie esperienze di lutto prenatale e perinatale. Leggendo le storie altrui, condividendo il dolore, il cammino di elaborazione è più lieve e maggiori sono i punti di forza per riacquistare un discreto livello di serenità e di fiducia nel futuro. CiaoLapo Onlus è stata la prima associazione italiana costituita per colmare una grande e grave lacuna: l'assistenza alla donna, alla coppia e alla famiglia colpite da gravidanza a rischio, patologia fetale e morte perinatale.
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