Vestirsi e svestirsi è lavoro. Al 118 vincono la causa
Si vestono, si svestono, e anche quello è lavoro. Siccome nel passato non era stato così considerato, hanno denunciato “danno psicofisico” per 10 minuti al giorno lavorati in più nell’atto di attrezzarsi con l’indumento adatto, e adesso riceveranno gli arretrati, che faranno base per ciascuno sul valore medio delle ore straordinarie, feriali e festive, ricostruendo per quanti turni ciascuno si è vestito e quindi spogliato nell’ambito delle sue funzioni in ambulanza. Da ora in poi, grazie a un nuovo regolamento, “cinque minuti” a inizio turno, e “cinque minuti” alla fine saranno riconosciuti come tempo di lavoro dedicato a vestirsi, e quindi a svestirsi.
È la singolare causa sindacale intentata (e vinta con un atto di conciliazione alla Direzione territoriale del lavoro) da 63 operatori del 118 che fanno servizio sulle ambulanze, tra infermieri, operatori socio-sanitari e autisti. E l’Azienda sanitaria, che ha preferito una soluzione stragiudiziale per non rischiare una causa che, se persa, sarebbe costata molto di più, verserà pro quota ben 40 mila euro di arretrato entro 90 giorni dalla firma dell’accordo. L’Ufficio del Personale è al lavoro per ricostruire i singoli 63 casi, e la somma di ciascuno andrà in busta paga. Col che la vertenza è considerata chiusa, anche se la richiesta dei 63 riguardava il risarcimento per i 5 anni precedenti.
La lite è cominciata in Azienda sanitaria ancora sotto la direzione di Fabio Samani, che l’ha anche gestita e conclusa, il nuovo direttore generale Nicola Delli Quadri l’ha adesso approvata. «Questi operatori sanitari - spiega - hanno effettivamente bisogno di abiti di protezione individuale, anche guanti, occhiali, perché in servizio per l’emergenza possono venire in contatto con liquidi biologici. Si è fatta infine, a fronte della vertenza aperta da Cgil, Cisl, Fials e Nursind - prosegue Delli Quadri - una “transazione novativa”, e la somma che andrà versata è a riconoscimento del danno psicofisico che i lavoratori hanno subìto per il maggior lavoro svolto per 10 minuti ogni giorno di ogni anno. A fronte del risarcimento pattuito, i 63 rinunciano a ogni altra pretesa». Anche alla regolarizzazione contributiva, agli interessi legali, alla rivalutazione monetaria e a qualunque altra cosa.
Vestirsi e svestirsi ha acquisito dunque una valorizzazione economica che è stata riconosciuta, ma solo a far data dal gennaio 2011 e fino al dicembre 2013, essendo poi entrato in vigore appunto il regolamento del vestirsi. E questa è solo l’ultima lamentela, che il 118 però stavolta ha tradotto in vertenza. Da anni, come si sa, il servizio di emergenza protesta per la sede inadeguata, il 118 è “ospite” della caserma dei Vigili del fuoco in via D’Alviano. Sempre a vuoto i tentativi di individuare una sede adatta a un servizio di tale importanza, che si ritrova proprio per i cambi d’abito in prefabbricati dentro un hangar (sono stati denunciati anche scorrazzamenti di topi...).
L’ex manager Samani aveva individuato un ampio terreno che l’Azienda sanitaria possiede a Campanelle, inutilizzato e inutilizzabile, per costruire un 118 ex novo. Ma il Comune aveva messo un freno: nessuna autorizzazione preventiva senza Piano regolatore approvato. Poi è arrivata la stretta economica, 14 milioni in meno di finanziamento all’Ass1, e il “progetto 118” è stato senza meno cassato. Almeno su camici e guanti, cinque minuti più cinque minuti, i 63 ce l’hanno fatta.
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