Vessata da telefonate hard In aula ex datore di lavoro
di Claudio Ernè
Da rispettabile commessa a indifferenziato oggetto del desiderio maschile.
Una giovane triestina è stata perseguitata dalle chiamate telefoniche di decine di uomini che attraverso il web avevano scoperto il suo numero di telefono e si proponevano come clienti effimeri del tardo pomeriggio. «Quanto vuoi... Dove ti raggiungo?» chiedeva chi era in cerca di compagnia. Lei ha prima pensato a un errore, poi ad uno scherzo di cattivo gusto. Infine non ha potuto far altro che informare la Polizia postale di quanto le stava accadendo.
Ieri di questa persecuzione si è parlato nell’aula del Tribunale nel corso del processo in cui il rigattiere Paolo Umek, titolare del “Magazzino dell’usato” di via Benussi da tempo chiuso, è imputato di diffamazione collegata alle molestie telefoniche. La giovane triestina vittima delle telefonate era una sua commessa e dopo due anni di lavoro si era licenziata perché, a suo dire, il titolare la “tediava” con le sue attenzioni e forse l’assediava. «Ma solo per scherzo» ha sempre sostenuto lui.
Il rigattiere è imputato di diffamazione ma si è difeso dicendo che l’inserzione a luci rosse che chiamava in causa l’ex commessa annunciando la disponibilità della giovane a “rendez vous” a pagamento, non l’aveva inserita lui, bensì qualcuno che frequentava il negozio. Il computer era lì e lui non si sarebbe accorto di nulla. La tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Cesare Stradaioli, ha avuto l’effetto di fermare il dibattimento. Dovrà essere sentito un secondo cliente del magazzino di rigattiere che, secondo l’imputato, ha assistito alla creazione del sito e ne può riferire al giudice Enzo Truncellito.
La ragazza si è costituita parte civile con l’avvocato Viviana Rodizza ed è intenzionata a chiedere i danni per quanto ha dovuto subire. «Non ho più risposto alle telefonate per un lungo periodo e ancora oggi ho un certo timore ad alzare la cornetta. Quello che ho sentito dire è irripetibile...»
Dal momento che la ragazza non voleva più rispondere, le telefonate con le richieste di appuntamento sono state ascoltate dalla mamma. Ieri era presente in aula assieme alla figlia e a margine del dibattimento ha ricostruito un “atlante” delle domande più frequenti. Risparmiamo ai lettori le singole coordinate geografiche delle richieste di appuntamento. Certo è che la fauna era variegata per età, censo, capacità di espressione e proprietà di linguaggio. Ragazzi e uomini maturi, vedovi e molestatori telefonici che mai si sarebbero presentati a un appuntamento ma che, protetti dall’anonimato, cercavano di mettere in imbarazzo l’interlocutrice che un attimo dopo buttava giù la cornetta. Di certo gli investigatori della Polizia postale hanno redatto un preciso elenco dei telefonisti alla ricerca di compagnia e delle utenze da loro usate per interpellare chi credevano fosse una escort. Le chiamate sono giunte da telefoni privati ma anche da quelli di aziende, da telefonini debitamente schermati, o anche con il proprio numero ben evidente. Di questo si discuterà nella prossima udienza, in calendario il 21 settembre.
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