Il vescovo di Trieste: “Il signore risorto ci chiama a una nuova vita senza guerre nel mondo né odio sui social”

Le parole di monsignor Trevisi, pronunciate nell'omelia di Pasqua sono uno sguardo sull'epoca "tragica" che stiamo vivendo. E poi il riferimento "a quante parole cattive circolano sui social della città...”

Gianpaolo Sarti
Il vescovo di Trieste monsignor Enrico Trevisi celebra la messa pasquale nella Cattedrale di San Giusto, domenica 20 aprile 2025. Foto Lasorte
Il vescovo di Trieste monsignor Enrico Trevisi celebra la messa pasquale nella Cattedrale di San Giusto, domenica 20 aprile 2025. Foto Lasorte

"Il Signore è risorto e ci chiama a una vita nuova", così il vescovo di Trieste monsignor Enrico Trevisi in apertura della messa pasquale in Cattedrale a San Giusto, celebrata questa mattina, domenica 20 aprile.

Il suo primo pensiero, dopo gli auguri alla città e il saluto al sindaco Roberto Dipiazza presente con la fascia tricolore tra i primi banchi della chiesa, è stato rivolto alle persone ammalate.
Il coro della Cappella Civica, diretto dal maestro Roberto Brisotto con all'organo il maestro Riccardo Cossi, ha accompagnato la solenne celebrazione. "Grazie alla Cappella Civica che ci aiuta a guardare le cose del cielo", ha affermato il vescovo ringraziando il coro.
Le parole di monsignor Trevisi, pronunciate nell'omelia, sono uno sguardo "sull'odio, sulle nostre colpe e fallimenti", sull'epoca "tragica" che stiamo vivendo e sulle 56 guerre in atto in questo momento. "Ma Dio vuole che diventiamo costruttori di pace".
Ecco poi il riferimento alla città, "a quante parole cattive circolano sui social di Trieste... cominciamo a smilitarizzare i nostri discorsi, i nostri sguardi. Noi siamo fatti per una fede gioiosa, per una carità entusiasta. Dobbiamo contagiare gli incontri", ha incalzato il vescovo.

Monsignor Trevisi domenica pomeriggio celebra anche la messa in carcere, a fianco dei detenuti.

Il testo integrale dell’omelia 

L’amore di Cristo per me che mi è rivelato nella Pasqua (nella Croce e nella
Risurrezione) mi chiede di diventare discepolo missionario… come fanno le
donne che dal sepolcro corrono per diventare le prime evangelizzatrici, come
fanno gli apostoli che non smettono nemmeno quando sono martirizzati. Non
hanno capito tutto… ma partono, si mettono in gioco e poi continueranno l’avventura del
cercare il Dio dell’Amore.
L’amore di Cristo ci chiede di diventare “missionari innamorati, che si lascino ancora
conquistare da Cristo e che non possano fare a meno di trasmettere questo amore che ha
cambiato la loro vita” (Dilexit nos 209).
Non possiamo attardarci in questioni secondarie. Non possiamo sprecare le occasioni della
vita per vivere e trasmettere l’amore di Cristo. In ogni circostanza: quella che pensiamo e
programmiamo e quella che ci accade come l’imprevisto che mi deve vedere pronto nella
mia testimonianza. Si tratta di qualcosa di molto concreto, che ha a che fare con il tuo
familiare intristito (e non te n’eri accorto), con il tuo vicino di casa che è un po’ diffidente,
con il tuo collega di lavoro con cui entrare in relazione anche sulle cose vere della vita, con
il povero che incontri e che ha le sue speranze, con l’ammalato o il disabile che ti chiedono
qualche minuto di compagnia.
Ecco la speranza che ci accende: che la nostra vita sia tutta espressione dell’Amato, il
Signore Gesù, che ci muove ad andare accanto agli altri, agli umiliati dalle malattie, dalle
ingiustizie, dai loro stessi peccati per annunciare quell’amore che ci cambia la vita: il Cristo
Crocifisso che ancora è vivo. Che anch’essi possano percepire la bellezza e la bontà
dell’Amato, del Cristo (cfr. Dilexit nos 209).
Ti auguro questa Pasqua: dalla contemplazione dell’Amore di Dio che si rivela sulla Croce
alla gioia dell’accorgerti che ti è dato di vivere questo Amore che cambia la vita. E con il
desiderio di contagiare altri, perché vivevano alla luce di questo Amore che salva.

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