L’augurio del vescovo alla città: «Gorizia sia terra del dialogo»

Redaelli evidenzia l’importanza del saper ascoltare e formula un invito la Capitale 2025: «Dobbiamo portare avanti i valori della libertà e dell’accoglienza su cui si fonda l’Europa»

Francesco Fain
L’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli Foto Bumbaca
L’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli Foto Bumbaca

«Mettersi in ascolto degli altri e accogliere, da loro, il messaggio del Natale. Ciò nella consapevolezza che lo Spirito Santo opera nel cuore e nella vita di tutti e che tutti in maniera esplicita o, più spesso, implicita (ma non meno vera) portano in sé un riflesso della luce di Dio, della luce del Natale».

Saper ascoltare. È questo il concetto su cui si incardina il messaggio di Natale dell’arcivescovo Carlo Roberto Maria Redaelli. Parole espresse con il cuore, rivolte ai fedeli. «Sono convinto che a noi cristiani (anche a noi preti e vescovi) fa bene non essere sempre dei maestri, ma essere anzitutto discepoli per ascoltare, scoprire, imparare, meditare dagli altri anche se “lontani” (o presunti tali). Vorrei che vivessimo questo in particolare con riferimento alla speranza, il tema che ci siamo proposti quest’anno, evidenziato nella lettera pastorale “Finché c’è speranza…” e ancora di più del motto del Giubileo che stiamo per iniziare, “Pellegrini di speranza”. Saper cogliere negli altri, nelle persone con sui viviamo, lavoriamo, entriamo in relazione, nel loro cuore la presenza della speranza. Essere contenti per questo e condividerla con loro da compagni di pellegrinaggio. Perché tutti, cristiani e non cristiani, credenti o non credenti, siamo comunque in cammino, siamo “stranieri e pellegrini sulla terra” e camminiamo verso una meta guidati dalla speranza».

E proprio nella lettera pastorale, Redaelli dedica un’ampia riflessione a Nova Gorica e Gorizia Capitale europea della cultura. «Un fatto particolarmente significativo - spiega - perché, la prima volta, si avrà una Capitale a cavallo di un confine. Un confine particolare: tracciato un po’ a caso dopo la Seconda guerra mondiale, in un territorio gravemente ferito da due conflitti mondiali, in una regione che da secoli vede la compresenza di più culture e di più lingue. Si tratta di qualcosa di straordinario che interpella la nostra comunità diocesana e non solo le comunità cristiane di Gorizia e Nova Gorica. A noi tocca in particolare richiamare alcuni valori».

Tra questi, aggiunge l’arcivescovo, «ci sono anzitutto i cardini che stanno o dovrebbero stare alla base dell’Europa. In questo senso, già alcuni anni fa, ho proposto di capovolgere i termini e chiamare Nova Gorica e Gorizia “Capitale della cultura europea”. I valori sono quelli della libertà, della pace, della riconciliazione, del dialogo, della dignità delle persone e così via. Insomma, i valori che, soli, possono dare una prospettiva di speranza all’Europa. Valori che sono costati sangue e sono maturati in Europa dopo grandi tragedie che il nostro territorio ha vissuto in prima persona».

Redaelli, nella lettera, lancia un appello ai fedeli. Ovvero di partecipare «cordialmente e con frutto» alle iniziative; crescere nella capacità di accoglienza verso chi è di un’altra cultura (compresi gli immigrati); lavorare per tutto ciò che può favorire una cultura di pace e di riconciliazione. Ma anche cogliere l’occasione di Go!2025 «per incrementare i rapporti con la comunità cristiana di Nova Gorica e, in generale, con la Chiesa slovena». —

 

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