Vertici Coop assolti, delusione e rabbia tra gli ex soci beffati: «Una vergogna»
TRIESTE. Un senso di frustrazione accomuna in queste ore gli ex soci delle Cooperative Operaie dopo la sentenza del Tribunale di Trieste che ha assolto i vertici societari. Nessuno pagherà penalmente per quel passivo da 100 milioni di euro. «Alla fine a rimetterci saranno le circa 17 mila famiglie che, purtroppo, hanno creduto nelle Cooperative operaie, al punto da affidare loro i propri risparmi», commenta incredula Caterina Caiaffa di Benedetto, 78 anni, presidente del comitato Difesa soci Coop che riunisce circa quattromila persone.
«Un epilogo simile non me l’aspettavo – ammette Caiaffa –. Speravo che chi ha sbagliato non ne uscisse a testa alta. In quel libretto ci avevo messo i risparmi di una vita, e non la vincita di una lotteria». «Io e mio marito – racconta – abbiamo fatto sacrifici per poter mettere da parte quel denaro: ogni fine mese, quello che risparmiavo, correvo a versarlo orgogliosa sul quel libretto, e ci ho messo anche la liquidazione».
L’amarezza dei soci è dettata anche, spiegano, «dalla mancata vigilanza della Regione in primis, ma anche del ministero del Lavoro che, come indicato dall’articolo 21 del libretto di deposito e risparmio, avrebbero dovuto controllare le Coop», dichiara Alessandra Covach, che nel 2016 aveva raccolto le firme di migliaia di soci per dare voce alle vittime economiche del crac delle Cooperative Operaie. «La gente è stata usata, quei soldi facevano comodo, – continua – e non si può caricare la responsabilità di quanto è successo sulle tante persone anziane, dicendo che “non avevano capito” o, peggio, “è causa loro, anzichè mettere da parte quei soldi, avrebbero potuto spenderli sul territorio”. Perché sì, la gente si è sentita dire anche queste oscenità».
«Io sapevo fin dall’inizio che la strada del tribunale avrebbe finito solo per far spendere altri soldi ai soci, - sostiene Covach –, tenendo anche conto che i tempi della giustizia sono lunghi e che molti dei soci più penalizzati erano anziani e non ci sono più». Federica Candotti è la nipote di un’ex socia deceduta. «Provo una grande delusione - dice -. Per i miei nonni le Coop erano come un’azienda di famiglia, avevano preferito versare lì i loro risparmi piuttosto che in banca. Una grande amarezza».
Eppure qualcuno aveva la speranza che il tribunale condannasse i vertici delle Cooperative Operaie. Come Patrizia Rosso, una delle anime del comitato Difesa soci Coop. «Invece è arrivata l’ennesima delusione, una vergogna. C’è un forte senso di frustrazione tra gli ex soci, e mi dispiace che molti, oltre a perdere parte dei lori risparmi, abbiano anche investito altro denaro in cause legali».
A fare ancor più rabbia, anche secondo Rosso, è il «non aver potuto contare sulla vigilanza della Regione: c’erano dei libretti al risparmio, anche la Banca d’Italia avrebbe dovuto controllare». Rosso evidenzia che, ad oggi, «i soci hanno riavuto il 75% dei risparmi e nel concordato, dopo le vendite degli immobili, si prevedeva si raggiungesse l’81%: cosa improbabile visto il ribasso con il quale vengono ceduti. L’immobile di via Caboto, ad esempio, – indica – nel concordato era stato valutato 4 milioni e 800 mila euro ed è stato venduto a 1,8 milioni».
Bruno Ricamo, oltre ad essere un ex socio, è stato nel cda delle Coop nel 1995 e poi nella Commissione valori e regole, composta dai soci e organo di controllo sulle assemblee e le elezioni: «Se il Tribunale non ha trovato nulla di irregolare, – si chiede – perché nel 2014 è intervenuto interrompendo bruscamente la gestione delle Coop, chiudendo anche l’ufficio soci?».
«C’è stata una gestione dissennata, – valuta Ricamo – e allora era evidente a molti che la baracca stesse per saltare. C’è rabbia: decisioni simili non fanno altro che alimentare la sfiducia nelle istituzioni».
L’avvocato Stefano Alunni Barbarossa, che rappresentava 107 soci Coop, «non volendo alimentare alcun tipo di polemica e malumore», consiglia «ai soci che si sono impegnati costituendosi parte civile e credendo così in una soluzione positiva rivolgendosi alla magistratura, di non scoraggiarsi. Bisogna attendere i tempi - conclude il legale - in cui saranno rese note le motivazioni della scelta dei giudici».
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