Verso l’accordo a Panama Cimolai può respirare

Nella bozza d’intesa tra authority e consorzio costruttore il gruppo friulano dovrà consegnare i 12 restanti “cancelli” entro il dicembre di quest’anno
Di Massimo Greco

TRIESTE. Dovrebbe essere la volta buona, mancano solo le firme ufficiali, entrambe le parti coinvolte hanno annunciato che l’accordo c’è: dopo due mesi di battaglie politiche e legali, dopo l’intervento della Commissione Ue e dei governi spagnolo e italiano, dopo ripetuti colpi di scena che avevano a un certo punto fatto disperare sulla possibilità di un esito favorevole del negoziato, il dossier relativo al raddoppio del Canale di Panama sembra aver trovato il sospirato “happy end”.

Un sospiro di sollievo anche per il gruppo friulano Cimolai, incaricato di costruire i 16 grandi “cancelli” scorrevoli in lamine di alluminio, alti 28 metri, larghi 16 metri, lunghi 58 metri: finora dal porto di Trieste era partita solo la prima tranche di 4 paratoie, adesso c’è tempo fino al prossimo dicembre per consegnare le 12 restanti strutture, indispensabili per realizzare il raddoppio della via acquea tra Atlantico e Pacifico dove potranno transitare fullcontainer da 12mila teu.

Il valore della commessa affidata a Cimolai, che era subentrata all’olandese Heerema, è stimato tra i 350 e i 400 milioni di dollari, comprensivi di circa 50 milioni di costi logistici per il trasporto dall’Adriatico Settentrionale a Panama. Prima di accettare la sostituzione dell’azienda costruttrice, una delegazione dell’Autorità del Canale di Panama (Acp) venne a Pordenone e visitò gli impianti della Cimolai.

Torniamo all’accordo che pare essere stato raggiunto tra la stessa Acp e il consorzio Gupc, formato dalla spagnola Sacyr, dall’italiana Salini Impregilo, dalla belga Jan de Nul, dalla panamense Constructora Urbana. Ricordiamo che il Gupc si aggiudicò nel 2009 la gara per la realizzazione del raddoppio, battendo tre cordate concorrenti con l’offerta più vantaggiosa a 3,2 miliardi di dollari. Strada facendo però, a causa di problemi di approvvigionamento della materia prima, i costi sono lievitati del 30% per 1,6 miliardi di dollari, determinando lo scontro tra authority committente e consorzio costruttore.

Questi i termini dell’agreement che dovrebbe sbloccare l’increscioso impasse: completamento dell’opera entro il dicembre 2015, consegna delle paratoie Cimolai entro il dicembre 2014, utilizzo di 400 milioni di dollari “liberati” dall’assicuratore Zurich North America, iniezione di 200 milioni di dollari da parte di Acp e Gupc (metà per uno), moratoria fino al 2018 del rimborso dei finanziamenti ottenuti dall’authority durante i lavori. L’arrivo di denaro fresco permetterà il ritorno alla normalità operativa, in modo da contenere i ritardi accumulati nel primo bimestre 2014. Le difficoltà incontrate nei lavori del raddoppio si sono fatti sentire sui conti di Sacyr, che ha chiuso il 2013 con una perdita di circa 496 milioni di euro, sicuramente rilevante ma dimezzata rispetto ai 977 milioni del “rosso” 2012.

Il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, che si era mosso per riallacciare i rapporti tra i litiganti, ha salutato con ovvia soddisfazione il quasi-raggiungimento dell’intesa. Rispetto alla quale il temibile presidente dell’Acp, Jorge Quijano, preferisce invece chiarire che mancano ancora le revisioni e le firme delle controparti.

Comunque il titolo Salini Impregilo ha guadagnato ieri pomeriggio in Piazza Affari l’1,67%.

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