Verso la fase 2, ma già attiva oltre la metà delle aziende
Tutti pronti alla Fase due, ma c’è chi accelera, le imprese, e chi raccomanda prudenza, il sindacato. Con posizioni differenziate all’interno di Confindustria e in mezzo la Regione che, al tavolo tecnico in programma martedì, riunirà categorie economiche e parti sociali per condividere un protocollo sicurezza, versione regionale dell’accordo siglato a livello nazionale il 14 marzo. Stamattina è poi previsto un vertice in videoconferenza con il governatore Fedriga e gli assessori Bini, Rosolen e Zannier per raccogliere le istanze di parti datoriali e sindacati.
Del protocollo si sta occupando in particolare la direzione centrale Lavoro, che ha sul tavolo anche la fotografia targata Prometeia su dati Istat (gli ultimi disponibili sono del 2017): in regione, tra manifatturiero e terziario, sono aperte 48.414 aziende su 91.324, più di una su due, con una percentuale superiore sul fronte degli addetti (204.554 al lavoro, o in sede o in smart working, su 371.361).
Tra i punti inseriti nel protocollo ci saranno tra l’altro l’obbligo di restare a casa con febbre oltre 37,5 gradi, misurazione della temperatura all’ingresso delle fabbriche, pulizia e sanificazione periodica di locali e postazioni di lavoro, uso di mascherine, guanti e, in caso di distanza interpersonale minore di un metro, anche di tute, accessi contingentati in mense, spogliatoi e aree fumatori, orari di ingresso-uscita scaglionati, rimodulazione dei livelli produttivi e dei turni, ricorso al lavoro da casa quando possibile.
Più difficile sarà adattare il protocollo alle piccole imprese, soprattutto di commercio e artigianato (Confartigianato Udine prevede un calo di fatturato del 42% in caso di crisi lunga oltre 6 mesi), che, spiega l’assessore al Lavoro Alessia Rosolen, «vivono realtà lavorative molto diverse da quelle di medie e grandi industrie». Si punta così a «costruire un documento che possa fare da riferimento per tutti, per arrivare poi a una declinazione che dia risposte ai diversi settori. Per le Pmi prevederemo pure figure di consulenza che aiutino a definire un piano sicurezza aziendale. Fermo restando che ci dovrà essere sempre l’accordo tra ditta e lavoratori».
La linea del dialogo, ma col richiamo a ogni forma di precauzione, è sostenuta anche da una nota sindacale firmata dai segretari generali Villiam Pezzetta (Cgil), Alberto Monticco (Cisl) e Giacinto Menis (Uil): «Non c’è in corso nessun conflitto tra chi vuole aprire le aziende e chi vuole tenerle chiuse. È giusto anzi prepararsi a una ripartenza dell’economia, nella consapevolezza però che in questa fase la tutela della salute, individuale e collettiva, resta la priorità più importante». Avanti piano, dunque. «Oggi come nelle prossime settimane – così i segretari – l’obiettivo dev’essere garantire le condizioni di prevenzione e sicurezza: una ripresa dei contagi congelerebbe qualsiasi prospettiva di ripresa».
Da Confindustria Udine si ribadisce la linea decisa verso la riapertura, anche dopo le elaborazioni dell’Ufficio studi che su dati Prometeia stimano in Fvg un Pil a -7,1% e investimenti a -12,3% per quest’anno. «Il lockdown è finito, visto il numero delle imprese che già lavorano – sostiene la presidente Anna Mareschi Danieli –. È arrivata l’ora di ripartire davvero, superando la logica della distinzione per codici Ateco e adottando quale parametro di riferimento la sicurezza dei lavoratori». Convinto che lo si possa fare «in sintonia col sindacato» è Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico: «Salute e lavoro non sono in contraddizione. Con condizioni condivise nelle fabbriche e controlli bilaterali, come sta accadendo nelle migliaia di imprese in cui si continua a operare, possiamo cercare di tornare alla normalità senza fretta, ma anche senza perdere più tempo del necessario». Da Filca Cisl, però, si contesta il documento inviato dalla Regione con la proposta alle aziende di far compilare ai dipendenti un questionario sullo stato di salute proprio, di congiunti e amici. —
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