Ventiquattro mesi senza il tram tra annunci, liti e lacci burocratici
TRIESTE Settecentotrenta. Tanti saranno i giorni, domani, vissuti da Trieste senza il suo tram. Due anni sono passati, infatti, da quel 16 agosto 2016 quando, all’altezza di Conconello, le due vetture bianche e blu (la 404 e la 405) si scontrarono frontalmente. Nove feriti, tanta paura e da lì in poi l’inizio di inchieste, false ripartenze, annunci finiti nel vuoto, petizioni popolari, rinvii a giudizio, soldi, litigi, intoppi burocratici. Due anni durante i quali il tram di Opicina, umile e glorioso lascito dell’impero asburgico, che dal mare si arrampica su sul Carso, così tanto caro ai triestini forse anche per il fatto di esser “nato disgrazià” come recita una famosa canzone popolare, non si è ancora rimesso a correre sui binari.
L’ultimo capitolo di questa lunga saga si gioca tra Trieste e Roma. Dagli uffici del ministero dei Trasporti non è ancora arrivato l’ok per ripartire. A metà giugno il ministero aveva richiesto un documento tecnico per definire un cronoprogramma e gli interventi necessari. Documento inviato dal comune attraverso la regione. La risposta dagli uffici romani doveva arrivare entro la fine di luglio, ma l’insediamento del nuovo governo, i cambi ai vertici del dicastero e il valzer dei dirigenti (tra cui proprio l’arrivo di Elisa Grande, nuova guida del dipartimento trasporti, che ora dovrà studiarsi il dossier) allungano ancora i tempi, in attesa della convocazione di una nuova commissione. «Ora siamo in attesa dei “servitori dello Stato”» commenta seccato il sindaco Dipiazza. «L’impegno è di convocare la commissione la prima settimana di settembre», spiega Mauro Zinnanti, direttore del trasporto pubblico regionale e locale. «L’istruttoria è stata fatta, ora non dovrebbero esserci problemi. Sì, è vero, c’è qualche mese di ritardo: siamo tutti consapevoli della necessità di correre, ma dobbiamo anche mantenere buoni rapporti con Roma». Due giorni dopo l’incidente, l’Ustif (l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi) ritira il nulla osta. L’inchiesta, durata più di un anno, si conclude nel settembre 2017. E fino ad allora rimane tutto bloccato.
Entro quest’anno, in ogni caso, non si riparte. Anche se i soldi sono approvati, i progetti pure (custoditi nel cassetto al Comune da mesi) così come le gare. I collaudi dell’impianto funicolare sono finiti ad aprile di quest’anno, le carrozze – “decorate” qualche settimana fa da tre writer – verranno ripulite entro la fine del mese. C’è solo da sostituire, ora, una parte del binario e rialzare alcune fermate per la sicurezza dei passeggeri. Tutti interventi, che, in teoria, si potrebbero liquidare in pochi giorni. Ma quando si parla del tram, ormai, il condizionale è d’obbligo.
Capitolo soldi. Per rimettere in sesto la storica linea ne sono stati scuciti molti. Subito dopo l’incidente Comune e Trieste Trasporti sborsarono 200 mila euro. Qualche mese fa l’amministrazione ne ha messi sul piatto altri 323 mila. E poi c’è l’impegno preso dalla Regione. Tre milioni di euro: 500 mila per il 2018, 1, 2 milioni per il 2019 e 1, 4 per il 2020.
Il tira e molla di questi ultimi due anni (si parte, anzi no, forse tra un po’) ha smosso anche le coscienze dei triestini che, in 20 mila l’anno scorso, hanno firmato una petizione, lanciata da questo giornale. E l’eco del tram “nato disgrazià” è arrivato perfino oltreoceano, a San Francisco. Un gemellaggio ideale con lo storico mezzo della città americana. Un invito a fare presto, per non dimenticare quello che è un simbolo storico e identitario della città, oltre che un servizio di trasporto pubblico. E, intanto, in attesa, si pensa già a come sfruttare l’immagine del tram una volta ritornato operativo. È di qualche mese fa l’idea dell’assessore Bucci di nuovi percorsi turistici: un figurante a bordo che illustri la storia del tram, un tour alla Grotta Gigante e perfino una tappa enogastronomica. Solo fantasie, al momento.
Ma le disgrazie del tram non sono solo quelle degli ultimi due anni. La sua “fama” lo perseguita fin dalla nascita. Inaugurato il 9 settembre del 1902, dopo appena un mese ci fu il primo botto. Sulla discesa di Scorcola i freni si ruppero e dopo una corsa di 200 metri, si andò a schiantare contro una casa. L’unico ferito fu Antonio Sossich (“el povero frenador”). La casa, invece, era quella di Francesco Spehar che con i soldi dell’assicurazione la ristrutturò e mise a posto anche la sua “antica hostaria”. Il 3 febbraio ’45 una mina squarciò la parte centrale del tram. Un altro incidente ci fu trent’anni dopo. Un altro ancora nel ’93 quando il tram venne centrato in pieno da una corriera slovena. Nel 2000 un frontale tra carrozze, nel 2006 un deragliamento, nel 2010 il primo incidente mortale. E poi, ancora, nel 2012 quando la carrozza 404 fuoriuscì dal binario. Nel luglio di due anni dopo la nuova inaugurazione. Fino al frontale del 2016. –
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