Vendite decimate, affari a picco I pescatori del golfo in allarme
TRIESTE
C’è allarme fra i pescatori del golfo, che temono di rimanere senza gli aiuti economici promessi dal governo. La chiusura di numerose attività, dovuta alle restrizioni conseguenti all’emergenza coronavirus, rischia infatti di lasciare al verde chi della pesca fa la sua principale fonte di reddito: il settore, nelle ultime settimane, ha visto un drastico calo di clienti, tanto da spingere appunto inizialmente il governo a varare nei giorni scorsi un decreto per garantire una serie di sussidi, cassa integrazione compresa, per gli operatori del settore qualora decidessero di chiedere alla Capitaneria di porto il cosiddetto “fermo pesca”. Una decisione contestata subito dai pescatori indipendenti, quelli che in pratica non fanno parte di alcuna cooperativa e che con quel decreto non possono avere più dell’80% di 600 euro al mese. Una realtà, quella dei “piccoli pescatori”, che in provincia di Trieste riguarda una dozzina di operatori.
Ieri ad ogni modo, al di là della posizione degli “indipendenti”, è arrivata la doccia gelata per l’intero settore. La Direzione generale della Pesca, infatti, ha comunicato agli stessi pescatori l’intenzione di bloccare la possibilità di fare ricorso al cosiddetto “fermo pesca”.
«Per il fermo temporaneo sussistono gravi problemi normativi europei – fanno sapere i rappresentanti dei pescatori – sia per quanto scritto nell’articolo 1 del Regolamento 717/2014 sia nell’articolo 33 del Feamp (il Fondo europeo per gli Affari marittimi e la Pesca, ndr) dove vengono indicate le condizioni per cui un fermo temporaneo può essere ritenuto ammissibile». In altre parole, questo l’allarme lanciato dai pescatori, allo stato attuale non sussisterebbero a livello istituzionale le condizioni per ricorrere al “fermo pesca” generalizzato. Da qui lo studio del modo alternativo per far arrivare comunque gli indennizzi alle imprese.
«Per il momento – spiegano sempre i pescatori – almeno da parte delle Capitanerie ci è stato spiegato che rimane la volontà di fornire agli operatori del settore pesca gli indennizzi del caso». Per emettere i quali, però, dovrà essere trovata una soluzione giuridico-procedurale più idonea alla situazione e compatibile con le normative europee. Nel frattempo però quello della pesca, alla pari di altri settori, sta uscendo stremato da questo periodo di emergenza sanitaria.
«Più della metà delle pescherie chiudono e noi sopravviviamo e basta», spiega un rappresentante della categoria tra i “non indipendenti”: «Chiediamo perciò il “fermo pesca” e un contributo pubblico. Da erogare ora, però, e non fra sei mesi, quando si spera che l’emergenza sarà passata. Noi siamo piccoli pescatori artigianali che vivono con la pesca selettiva, rispettosa di tutte le normative europee. Chiediamo perciò di non venire dimenticati dalla politica in questa situazione di emergenza».—
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